Le termiti della ricerca italiana piangono

Restano invece inossidabili al loro posto i gerontocrati che guidano le nostre Università, distruggendole dall’interno come termiti affamate. E guarda caso, sono sempre le termiti a gridare allo scandalo. Anche oggi è un coro di sdegno: il rettore del politecnico di Torino sospira su Repubblica "Ogni anno l’Italia esporta 30mila ricercatori e ne importa solo 3mila. Questo significa che siamo in grado di formare studiosi, ma non riusciamo a trattenerli". Gli fa eco il rettore di Siena (il cui predecessore, Piero Tosi, è indagato per una presunta vicenda di nepotismo): "In Europa in media si investe per la ricerca l’1,6% del pil. In Italia appena lo 0,8%".
Ma che originalità! Ma che spessore analitico!
Le termiti della ricerca italiana piangono perchè non possono più reclutare "geni" dall’estero, ma è tutta scena. Tanti, tantissimi "geni" circolano già nelle aulee dei loro atenei. E prima o poi sono destinati ad andarsene, stufi di veder passare davanti a sè, nei pochi concorsi disponibili, gente mediocre, protetta dal barone di turno. E’ vero, i soldi sono pochi, i posti disponibili per fare ricerca ancora meno, ma chissà perchè anche quei pochi posti non finiscono quasi mai occupati dai candidati migliori.
Invece di strapparsi i capelli per lo stop di questo programma (la cui trasparenza è peraltro discutibile, chiedete a chi ha fatto domanda dal’estero), i capi dall’università italiana farebbero meglio a rimboccarsi le maniche e a dire qualcosa sui penosi sistemi di reclutamento nei loro atenei. Parecchi dei "geni" rientrati in Italia con il succitato programma se ne sono già tornati all’estero. Anche questo vorrà dire qualcosa. Sergio Pistoi