Il cinque per mille alla ricerca, i Puffi e i capelli di Rita Levi Montalcini
Non sono l ‘unico a notare come nella lista dei beneficiari del cinque per mille alla ricerca, accanto ad enti di indiscusso valore scientifico, ci siano molte associazioni e scuole che stanno alla ricerca scientifica come il sottoscritto sta all’arte figurativa giapponese del 14esimo secolo (ammesso che esista). Letizia Gabaglio, in un interessante pezzo su Le Scienze di Maggio, ad esempio, nota che “il criterio che ha guidato il Ministero [della ricerca, che ha compilato le liste] appare quanto meno bizzarro“.
E’ vero. Fondazioni per le scienze religiose (che già beccano l’8 per mille), scuole d’arte, istituti di studi politici e sociali a sfondo teologico si spartiranno il 5 per mille che i cittadini pensano di destinare alla ricerca. Niente panico. Per evitare questo, armati di penna, non ci resta che fare quello che la norma prevede: INDICARE DIRETTAMENTE IL DESTINATARIO DEL NOSTRO CINQUE PER MILLE, così come ho spiegato nella mia piccola guida.
Sono d’accordo solo in parte con Letizia Gabaglio riguardo alle critiche sul sistema con cui si può decidere direttamente a chi destinare il cinque per mille. Secondo Gabaglio, “La scelta non verrà fatta sulla base dell’eccellenza, ma su quella della notorietà […] E chi ha più risorse umane e finanziarie, ne può investire di più anche in questa caccia al tesoro[…]. Chi sperava in una norma per favorire il finanziamento alla ricerca è servito“.
Beh, io dico sommessamente che se pensate che il cinque per mille risolverà i problemi della ricerca italiana, allora probabilmente credete anche che i Puffi e i capelli di Rita Levi Montalcini siano di questo mondo. Ricordiamoci che i tratta di briciole, e di un provvedimento “spot” (oggi c’è domani non si sa), incompleto, e in più bisogna sperare che non sia l’ennesimo gioco delle tre carte (“dai di qua e togli di là”). Ne ho scritto in tempi non sospetti nel blog.
Secondo me, la grande novità e pregio della norma è proprio quello di lasciare il singolo contribuente libero di scegliere a chi destinare una parte (anche se piccola) delle tasse per finalità di ricerca o di assistenza. E’ vero, chi ha più risorse umane e finanziarie è favorito. Il fatto è che per fare ricerca di eccellenza ci vogliono grandi risorse umane e finanziarie. Secondo il CENSIS, il 75% delle non profit operanti in ricerca in Italia non ha neanche un dipendente e ha un bilancio annuo inferiore ai 50mila euro. Ora, pensare che con queste cifre si possa incidere sulla ricerca scientifica di eccellenza, è, come dicono gli anglosassoni “wishful thinking”. Con 50 mila euro a malaperna si compra neache una centrifughetta da laboratorio, altro che ricerca di eccellenza.
Dare il cinque per mille a chi ha una massa critica più grande, in grado di fare la differenza, secondo me è meglio. Capiamoci, sono contro l’accentramento di soldi e potere. Ma quando sento parole come “ripartizione” (leggi: “finanziamento a pioggia”) e “ricerca” pronunciate insieme mi vengono i capelli più ritti e cotonati dei quelli della Moratti.
Con tutti i difetti che ha il cinque per mille, per una volta che ci lasciano decidere direttamente a chi dare qualche euro, facciamogli vedere che siamo capaci, noi cittadini, a scegliere in modo decente. Leggete la carta della donazione e premiate organizzazioni serie con un progetto chiaro e che giustificano i soldi spesi. E per favore evitate quelle che odorano di incenso. Ci siamo capiti. Pistuà