Cosa c’è dentro ai vaccini?
Come funzionano i vaccini? Quali tipi di vaccini esistono? Da Jenner ad oggi, passando da Pasteur, il mio nuovo video passa in rassegna le tecnologie vaccinali e la loro storia. Come sempre in modo accessibile e divertente.
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Rockon!
Sergio
La fabbrica della sfiducia
Le fiale di Astra Zeneca durano 6 mesi in un normale frigorifero. Ecco perché la sospensione del vaccino non sarebbe (per ora) un dramma. Se non fosse per una gestione totalmente improvvisata
Avrei moltissima reticenza ad accodarmi all’esercito di debunkers e number nibblers che come al solito sono partiti compatti per liquidare tout-court la faccenda della sospensione cautelativa del vaccino Astra Zeneca come una follia priva di fondamento reale, dandosi pacche reciproche di incoraggiamento, e mettendosi dietro alla corazzata delle statistiche da divano.
Questo perché ritengo la farmacovigilanza un sistema serio e complesso e so che la realtà – sempre più articolata rispetto al mondo dei caffè-concerto dei social – potrebbe sempre impattare come il duro palo di un lampione sul cranio di chi corre a testa bassa copiando gli argomenti dei propri influencer di riferimento.
E’ possibile che le agenzie regolatorie di svariati paesi, compreso il nostro, abbiano preso un enorme abbaglio eccedendo di prudenza e ascoltando solo la pancia del popolo, buttando di colpo alle ortiche un sistema consolidato di vigilanza ? Può essere, anche se io ne dubito, e comunque il responso lo avremo solo vivendo.
E’ però interessante il cortocircuito cognitivo che porta un’intera generazione di debunkers – quelli che basano le loro conoscenze sulla lettura pedissequa e spesso di seconda mano di papers e comunicati ufficiali delle istituzioni- a dubitare ora, e in coro, della fondatezza di una decisione presa proprio dalle agenzia regolatorie del farmaco- quelle “fonti autorevoli e scieeentifiche” che per anni hanno invitato il loro pubblico ad ascoltare invece delle solite “feicniuws”.
Lo dico anche perché la mia bacheca Facebook di oggi è inondata di post di debunkers che fino a ieri, quando si trattava di argomentare contro non ben identificati no-vax, brandivano la solidità della farmacovigilanza e oggi la danno praticamente per defunta, sicuri che nei corridoi delle agenzie regolatorie si ascoltino solo i titoli dei TG e le tendenze Twitter. Può essere, per carità. Però ragazzi decidetevi una buona volta su quali sono le fonti autorevoli, suvvia.
Quando il cheerleading fa il giro a 360 gradi. Fine dell’inciso sui debunkers.
Con un approccio più realistico, diciamo che prendere sul serio e investigare qualunque evento avverso fa parte per definizione del sistema di farmacovigilanza, proprio come si ispezionano con la stessa maniacale attenzione il motore di un velivolo ma anche il cavo di un monitor sul sedile di un passeggero dopo che hanno fatto le bizze.
(se non conosci il significato tecnico di “evento avverso” fermati e informati altrimenti non capirai più niente. Io l’ho spiegato ai miei abbonati su Patreon e non lo ripeto qui).
I rari e gravi eventi segnalati con un legame temporale con la vaccinazione sono cio’ che si chiama safety signals: cose che non necessariamente sono dovute all’intervento medico (vaccinazione) ma che vanno comunque investigate.
Sono lucette che si accendono in un quadrante, e qualcuno deve occuparsene. Fin qui non è difficile ed è appurato che, a grosse linee, il tipo di patologia descritta nei casi infausti di cui si parla in questi giorni non sembra più frequente nella popolazione vaccinata rispetto a quella vaccinata. Lo dice EMA.
Di qui un diluvio di post fotocopia che iniziano con “se prendi tot milioni di persone e guardi quante ne muoiono senza vaccino…” ed esempi più o meno divertenti per dire che correlation is is not causation, che nei numeri c’è già tutto, e archiviare la faccenda sotto la voce “allarme basato sul nulla che anche un bambino capirebbe”.
Che poi è il messaggio lanciato l’altro ieri da AIFA: Tutto fumo! Allarme ingiustificato!! Andiamo avanti! Smentito però clamorosamente dalla stessa agenzia il giorno dopo con la sospensione precauzionale di tutti i lotti del vaccino. Che succede?
Non sono un esperto, né voglio fare finta di esserlo, quindi vi dico semplicemente quello che ho capito guardando tutta la faccenda tra un viaggio e l’altro di lavoro.
Un punto non secondario è che dalle prime evidenze questi eventi trombotici sembrano presentare degli elementi inusuali. Sono accompagnati da carenza di piastrine che sarebbe poco comune per questo tipo di evento. Non mi intendo della questione e ripeto solo a pappagallo quello che dicono EMA e altre fonti tra cui il Paul Ehrlich Institute.
E’ sempre e solo un safety signal, non la dimostrazione di legame causale con il vaccino. Ma capite da soli che la situazione è un po’ diversa da dire che il tutto è una semplice follia generata dai media e dal furor di popolo. E’ vero che c’è evento avverso che in prima battuta e statisticamente avverrebbe lo stesso anche senza vaccino. Ma la modalità di questo evento, nei dettagli, risulta a quanto pare inusuale rispetto alla normale statistica.
In un normale processo di vigilanza, un tratto insolito che si ritrova in certi eventi è un’altra lucetta arancione che si accende e dice: “occhio, controllare meglio!”. Altrimenti siamo tutti d’accordo che è inutile avere un sistema di vigilanza.
Ed è questo dettaglio, almeno io credo, che ha fatto propendere le agenzie di alcuni paesi verso la sospensione, seguite poi da AIFA che, purtroppo, ha dovuto rimangiarsi il cappello come Rockerduck.
Quanto è davvero inusuale quello che si osserva? Quanto tutto ciò è eccesso di prudenza è quanto è paranoia? Non lo so e non sta a me dirlo, ovviamente.
Quello che mi sembra evidente è che nella pratica, almeno al momento, lo stop non sarebbe tutto questo dramma. Il danno eventuale lo fanno il panico e sopratutto il modo inefficace con cui tutto l’ambaradan è organizzato, gestito e comunicato.
Qual’è davvero il danno di uno stop?
Sospendere un vaccino in questo momento non è certo una decisione facile, ma la cosa ironica e inquietante è che non sarebbe un disastro se solo venisse fatto in modo ordinato con cognizione di logistica e comunicazione.
Mi verrebbe persino da dire che in un piano che contempla di vaccinare praticamente di tutta la popolazione del pianeta debba già dare per scontato che prima o poi qualche evento avverso, più o meno grave, possa comportare uno stop momentaneo o nei casi peggiori l’abbandono di un prodotto.
Mentre si dà per scontato che la sospensione di Astra Zeneca sia l’ armageddon della campagna vaccinale, non si tiene conto che quel vaccino chiuso nelle sue fiale, ha una shelf life di 6 mesi in un normale frigorifero.
Siccome la disponibilità di dosi, e non la capacità di somministrazione, sono il fattore limitante, fermare e riprendere dopo qualche giorno implica soltanto (si fa per dire) il problema logistico di slittare di qualche giorno le prenotazioni.
Se la logistica fosse davvero sotto controllo, infatti, sapremmo già che dopo una settimana di stop si potrebbe tranquillamente aumentare il ritmo e recuperare il ritardo in pochi giorni tenendo in frigo le dosi di oggi e aggiungendo quelle che nel frattempo arrivano, senza strapparsi i capelli dalla disperazione e tranquillizzando la popolazione.
Nel caso più raro e infausto in cui dai controlli emergesse un rischio inaccettabile legato al vaccino, non si avrebbe comunque altra scelta che togliere il prodotto dalla circolazione, sapendo di aver fatto la cosa giusta e tempestiva senza però generare un cratere di fiducia pubblica.
Allora qual è esattamente il problema, se non un disastro di informazione e gestione?
Gestire gli allarmi
Posto che un piccolo allarme suona, posto che non è probabilmente un delirio come qualcuno dice ma una normale procedura di sicurezza, come andava gestita la faccenda?
Al contrario di molti maghi del web, so che non esistono ricette magiche ma solo approcci più o meno competenti nella pianificazione e gestione logistica e comunicativa.
Non dico di copiare dai best practice di comunicazione del rischio, ma almeno un role-play di quelli che si fanno nei retreat motivazionali sarebbe già un buon inizio per molti che siedono nella stanza dei bottoni della comunicazione pubblica.
Ad esempio: cosa vorresti sentirti dire prima di imbarcarti su un volo dove c’è un sensore della ruota o del riscaldamento che fa le bizze?
Tra la versione: “Gentili passeggeri, per un controllo tecnico il volo avrà un po’ di ritardo, ci scusiamo ma la sicurezza per noi è fondamentale” – (messaggio implicito: ti facciamo aspettare ma quando sali a bordo sai che è tutto a posto perché abbiamo la situazione sotto controllo) e “Ragazzi, tutti a bordo non è che possiamo fermare tutto ogni volta che i sensori suonano ad minchiam. Fidatevi della scienza e dei nostri piloti che sono degli assi” – (messaggio implicito: non abbiamo la situazione sotto controllo ma non rompere i coglioni, pirla) quale ti fa stare più tranquillo?
C’è poi la terza via, quella del “datismo” che molti amano e farebbe più o meno: “raga non ci capiamo ancora un gran che, ma si tratta comunque di eventi rari, rischiate di più andando in macchina in tangenziale. Tutti sulla scaletta e a bordo, OK?”. E’ l’enunciazione di una verità statistica che con me sfonderebbe una porta aperta, salvo la tentazione umana di fare salire prima qualcun altro sulla scaletta, e poi vedere come va a finire prima di imbarcarmi sul volo successivo. Tanto chi mi corre dietro.
Se già con me funzionerebbe a singhiozzo, confidare nel dato grezzo come arma finale di convincimento di massa è un capolavoro di ingenuità che non tiene conto di tutto quello che sappiamo su come milioni di persone davvero percepiscono il rischio.
Come fabbricare sfiducia
Ecco perché la vera catastrofe di questi giorni non è nella sospensione di quel vaccino, che sarebbe una cosa gestibile e dai danni limitati: è nella incapacità di pianificare, gestire e comunicare segnali di allarme, e perfino sospensioni di prodotti che in una campagna vaccinale globale sono da considerarsi quasi inevitabili prima o poi.
E’ ovvio che se il giorno prima hai gridato a tutti che quella lucetta arancione era una minchiata, come hanno fatto AIFA e continuano a fare un’armata di debunker che pensano di avere “la scienza” come datore di lavoro, poi hai chiuso lì e se ti fermi davvero per una pausa, come è successo il giorno, perdi completamente la faccia e devasti quel minimo di fiducia che ancora ti veniva accordata.
E’ ovvio che se hai un sistema di prenotazione che arriva direttamente dai favolosi anni ’90, dove non puoi inserire variazioni senza mandare tutto in palle e gettare migliaia di vaccinandi nel limbo, anche slittare di un giorno si trasforma in un dramma.
E’ ovvio che se in un anno non hai fatto nulla per creare canali preferenziali di emergenza e di riferimento per la popolazione, anzi hai fatto di tutto per confonderli, qualunque problema diventa insormontabile.
E’ ovvio che se nella pianificazione non inserisci anche la possibile, prevedibile, variabile che ti mette in crisi (e gli eventi avversi sono una variabile che ti devi aspettare prima o poi) hai lavorato male e in modo dilettantesco.
Cosa imperdonabile se dal tuo lavoro dipende il destino di milioni di persone. Ma direi che a quello ci siamo abituati.
** Aggiornamento 17/03/2021 Il Paul Enrich Institute ha pubblicato una nota dove conferma i sintomi inusuali nei pazienti affetti. Sebbene si tratti comunque di eventi rari anche nelle persone vaccinate, si presentano statisticamente in modo più frequente rispetto ai non vaccinati, confermando il flag.
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I gravi problemi del CTS: li racconto su Nature Italy
E’ uscito oggi un mio articolo su Nature Italy dove ho preso in esame alcuni aspetti critici del CTS. Vi posso dire che il confronto del CTS italiano con gli analoghi organismi di altri paesi a me è apparso piuttosto devastante.
versione inglese (originale)
https://www.nature.com/articles/d43978-021-00015-8
versione italiana (tradotta da Nature):
https://www.nature.com/articles/d43978-021-00016-7
Ne approfitto per annunciare che ho attivato uno spazio a iscrizione dove pubblico periodicamente contenuti esclusivi. Come creatore di contenuti son stufo di regalare tempo e competenza gratis a piattaforme come Facebook e credo che questa iniziativa sia un buon modo per selezionare una fetta di pubblico che valorizzi l’impegno e la qualità dei contenuti.
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Due conti su test e scuole
Riaprire le scuole in relativa sicurezza costerebbe meno di 20 euro al mese per studente, se si usassero in modo intelligente i tamponi rapidi.
Ho già parlato in altri post del “covid filter” la strategia di sorveglianza continua: utilizzo di tamponi rapidi ripetuti a intervalli regolari per intercettare e isolare tempestivamente i contagiosi. Non una mia invenzione, ma un principio supportato da studi pubblicati nelle principali riviste scientifiche. (vedi qui e qui) Lo strumento che abbiamo a disposizione è il tampone antigenico, che si può fare in autoprelievo nasale.
L’ipotesi logistica a cui penso è: una volta alla settimana alla prima ora si distribuiscono le “saponette” antigeniche e ogni studente e insegnante seduto al suo posto si passa da solo il tampone dentro le narici e effettua il test in autosomministrazione. La procedura è semplice, l’ho provata direttamente e una classe delle elementari è in grado benissimo di farla, sotto la supervisione di un docente. Funziona anche da esercitazione di scienze. Dopo 10 minuti si leggono i risultati. Gli eventuali positivi vengono isolati e sottoposti a tampone molecolari di verifica.
Il test antigenico è meno sensibile del molecolare- diciamo che è in grado di identificare 7 portatori asintomatici su 10- e per questo inadatto a uso diagnostico una tantum e sul singolo (come ho spiegato in un recente video, non è la soluzione per organizzare ritrovi familiari in sicurezza o per eliminare le altre precauzioni).
Ma applicata alla comunità scolastica, e CONTINUANDO A UTILIZZARE LE STESSE PRECAUZIONI DI OGGI la ripetizione regolare del test a TUTTI una volta alla settimana, sarebbe un ottimo sistema di sorveglianza, perchè filtrerebbe buona parte dei contagiosi e ad ogni ripetizione la possibilità di identificarli aumenta. A regime, (e mantenendo mascherine, distanziamento etc…) si ha un ragionevole grado di sicurezza- diciamo la cosa più vicina al covid-free che possiamo ragionevolmente sperare di ottenere.
Inoltre, fattore importante, i test antigenici tendono ad essere piuttosto specifici, cioè il numero di falsi positivi che generano è più che accettabile. Considerato che i positivi andrebbero comunque ritestati con il molecolare, il rischio di saturare i laboratori con i falsi positivi è quindi basso.Il covid filter aumenterebbe certamente la pressione sui laboratori (è ovvio che più gente testi al primo livello, più positivi andranno verificati con il molecolare) ma i test di verifica confermerebbero quasi sempre la positività, quindi sarebbero utili al controllo epidemico.
Il che vuol dire che i laboratori sarebbero verosimilmente sottoposti a meno carico complessivo, considerato che il covid filter diminuirebbe i contagi incontrollati.
Va infatti considerato che la sorveglianza è una cosa diversa dal tracing, contrariamente a quello che molti scrivono. Il tracing ricerca i contatti di casi già identificati. La sorveglianza invece è un filtro continuo che si applica a tutta la comunità. Non ti dice che puoi andare tranquillamente a zonzo, ma a parità di comportamenti introduce uno strato in più che rende il sistema complessivamente molto più sicuro.
E’ ovvio che la finestra temporale deve essere adeguata. Fare un test a tutti una volta al mese, come è stato proposto in Piemonte, non serve a niente: in un mese ci stanno comodamente due cicli di incubazione. Un test rapido una volta alla settimana potrebbe essere il migliore compromesso tra costi e benefici e diventare un “rito” settimanale più quindi facile da applicare nelle scuole e agganciare agli orari
.Con questo filtro la scuola non sarebbe solo più sicura, ma diventerebbe anche un “setaccio” per identificare precocemente e fermare le catene di contagio nate per esempio in ambiente domestico . Da fattore di pericolo, i ragazzi – che sono quasi sempre portatori asintomatici- diventerebbero delle “sentinelle” contribuendo ad aumentare la sicurezza complessiva di tutto il sistema. Esempio: la mamma torna dal lavoro contagiata ma non lo sa e contagia il figlio. Sono tutti a-pauci-sintomatici ma il figlio è testato regolarmente e fa da “spia” per tutta la casa.
Quanto costerebbe tutto questo? Oggi un kit antigenico si ordina intorno ai 6 euro ma una mega commessa potrebbe spuntare anche la metà del prezzo. Essendo una tecnologia semplice, perfino lo Stato potrebbe promuoverne la produzione in massa.
Diciamo 5 euro a kit, mettendoci dentro anche i costi di handling e trasporto verso le scuole. Un kit alla settimana sono 20 euro a persona al mese. Tutte le scuole superiori italiane (2.650.000 studenti) costerebbero 53milioni al mese.
Tutti gli ordini e gradi incluse le primarie e i docenti costerebbero grossomodo 160milioni al mese.
Cifre sovrastimate, perchè col tempo il costo degli antigenici è destinato a ridursi. Comunque ragionevolissime per un paese in emergenza, considerata l’importanza del tema, l’utilità pubblica del filtro, i soldi che farebbe risparmiare e anche le quantità enormi di denari che vengono sperperate in cavolate (ricordate i banchi, vero?). Comunque, pochi punti percentuali rispetto al budget complessivo dell’istruzione.
Soldi spesi bene che possiamo permetterci.
Perchè non viene fatto?
Coronavirus: Tampone rapido per il Natale in sicurezza? Anche no.
Molte persone pensano di fare un tampone rapido coronavirus per ritrovarsi in sicurezza con i familiari. Funziona? Da biologo molecolare ti spiego cosa rischi e perché dovresti pensarci molto bene.
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“Sierologico di Arezzo: non siamo d’accordo ma non sta a noi fermarlo”
Antonio D’Urso, direttore Generale ASL Toscana Sud Est, risponde sul controverso screening sierologico COVID-19 del Comune di Arezzo
Il Direttore Generale della ASL TSE Antonio D’Urso ha risposto alle mie domande email sul tema controverso dello screening sierologico COVID-19 che il comune di Arezzo ha deciso di intraprendere, in autonomia, sulla popolazione scolastica. Ringrazio il Dr. D’Urso per la disponibilità.
Dr. D’Urso, lei ha già chiarito in altre circostanze che lo screening sierologico del Comune di Arezzo è inutile e inappropriato. L’Asl Toscana Sud Est intende o meno intraprendere provvedimenti concreti e tempestivi per fermare questa iniziativa? Anche in considerazione del fatto che lo screening è di fatto già partito con il reclutamento delle famiglie.
Non posso che confermare quanto più volte dichiarato e cioè che il test eseguito nell’indagine voluta dal Comune di Arezzo non è in grado di appurare se una persona è oppure non è contagiosa per Covid 19. [Tuttavia] l’Asl non può avviare azioni contro il Comune di Arezzo. Non solo perché non ravvede rischi per la salute pubblica ma anche perché intende rispettare un’azione che in Italia vede protagonisti non solo quello di Arezzo ma molti comuni che hanno promosso analoghe attività. E questo anche nella logica che il Sindaco – in base alla legge – opera anche sulla base di essere Autorità Sanitaria locale.
L’Asl TSE svolge tutte le attività di natura sanitaria che sono di contrasto al Covid ma non può negare ad un Comune il diritto di svolgere altre attività alle quali non riconosce rilievo diagnostico ai fini della diagnosi di contagiosità ma non per questo può negarne la possibilità di essere praticate.
Ritiene davvero che non ci siano rischi per la salute pubblica riferiti a tale iniziativa? Lo chiedo perché, in altri contesti, conosco personalmente svariati casi di persone che hanno evitato l’autoisolamento e contagiato i loro familiari basandosi sulla falsa sicurezza di un test sierologico negativo. Oltretutto, il Sindaco di Arezzo Ghinelli ha esplicitamente suggerito alla popolazione di usare il sierologico fare ritrovi familiari in sicurezza.
Le ho fornito il mio parere tecnico. Le azioni del Sindaco di Arezzo sono di natura amministrativa e politica. Quelle dei cittadini sono sotto il segno della libera scelta. L’Asl ha evidenziato tutte le connotazioni sanitarie e scientifiche: ai Cittadini e al Comune il diritto di scegliere.
Il Sindaco di Arezzo svolge la sua attività di comunicazione nei modi e con i contenuti che ritiene opportuni e dei quali risponde in relazione al suo ruolo istituzionale. E democrazia vuole che siano i naturali contrappesi agli organi di governo a svolgere un ruolo di critica e quindi di opposizione. Ruolo non proprio dell’Azienda USL TSE, che ha ripetutamente espresso e confermato le proprie valutazioni su quali siano le efficaci azioni di contrasto al Covid.
Il mio ruolo è quello di rappresentare la comunità professionale della quale sono alla guida nella Toscana meridionale e non di aprire o sostenere polemiche contro figure istituzionali quale quella del Sindaco.
E’ chiara l’importanza di mantenere corretti rapporti istituzionali. Ma davanti ad un rischio di comportamenti pericolosi indotti da un test inappropriato, e considerato che l’Amministrazione comunale continua a pubblicizzare la collaborazione con la ASL, non ritiene di dover chiarire esplicitamente con un comunicato ufficiale dell’Azienda che si tratta di un’iniziativa inutile e potenzialmente dannosa?
La ASL per il tramite del Direttore di Zona Distretto ha chiarito con un comunicato diffuso a mezzo stampa i termini della collaborazione richiesta dal Vice Sindaco Tanti nell’ambito della campagna effettuata dal Comune di Arezzo. (il comunicato specifica che la ASL “assicura il supporto al Comune di Arezzo” aggiungendo che si tratta di un’iniziativa dell’Amministrazione Comunale, n.d.r.). Più in generale, sul tema, ritengo che ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.
Chi ritiene che le decisioni del Comune di Arezzo arrechino danni reali ai cittadini, non deve rivolgersi a me, ma agli organi competenti che non sono quelli sanitari ma giudiziari.
Ma perché la ASL fornisce materiale di medicazione a supporto?
Al Comune di Arezzo e alla Croce Rossa, il Distretto Sanitario della Zona Distretto Aretina, su espressa richiesta del Vice Sindaco, ha fornito ausili di consumo quali cotone e disinfettanti. Un sostegno dettato dai buoni rapporti istituzionali e non dalla condivisione del valore diagnostico del progetto. Se così fosse stato, l’ASL TSE lo avrebbe gestito in prima persona.
Considerata l’inappropriatezza diagnostica dell’iniziativa, trova giustificata la spesa economica a carico della Regione per i successivi tamponi molecolari di verifica? Ipotizzando la partecipazione di tutti gli 8500 studenti, e sommando veri e falsi positivi al sierologico, questo rappresenterebbe oltre 41 mila euro di spesa in tamponi, oltre ad aggravare la situazione già pesante dei centri di raccolta e test. Su questo punto alcuni genitori intendono interpellare l’Amministrazione Regionale.
Il Laboratorio dell’Ospedale San Donato non esegue esami su richiesta del Comune ma su prescrizione del Pediatra di Famiglia a cui spetta la valutazione relativa alla necessità o meno dell’accertamento diagnostico con tampone. Ovviamente né la ASL né la Regione Toscana possono sindacare su ogni singola prescrizione di ogni singolo pediatra.
Lei è un medico. Cosa direbbe ad un paziente o una famiglia che pensa di aderire allo screening sierologico del comune di Arezzo?
Se una famiglia di Arezzo mi chiedesse se far sottoporre il proprio figlio al [quel] test sierologico per vedere se il piccolo sia in quel momento contagioso ed in grado di trasmettere il Covid 19 ai propri contatti, gli suggerirei di non farlo.
Sergio Pistoi
© Sergio Pistoi. Tutti i diritti riservati.
Non chiamiamolo più “negazionismo” ma bomba intelligente
Uno dei nuovi memi tossici che girano- a giudicare dai tanti commenti social e domande spaesate che mi arrivano- è l’idea che i tamponi RT-PCR siano inutili perché tecnicamente sballati, non specifici, e che i referti stessi dati ai pazienti siano basati su una tecnologia fallace. Questi messaggi a volte sono accompagnati da confuse spiegazioni pseudotecniche (inventate di sana pianta, come può capire qualunque biologo molecolare) che però fanno presa anche su un pubblico non necessariamente illetterato.
Dal mio piccolo osservatorio social ne vedo di tutte.Mi è capitato ad esempio di leggere in questi giorni il commento di un sedicente chimico che mi dava dell’incompetente, sostenendo che la RT-PCR è una cavolata inutile.
E’ ovvio che in tali contesti qualunque discussione seria è inutile, e siete liberi di credermi o meno sulla parola perché non sono qui per fare debunking: queste cose che girano sui tamponi sono delle idiozie. Mi interessa invece un’altra riflessione, più importante e generale.
Il punto è che queste teorie non sono sicuramente opera di ragazzini o boomers complottisti attaccati ad una tastiera. Sono l’evoluzione di quello che ormai impropriamente chiamiamo “negazionismo” ma che in realtà dovremmo definire caos doloso, nichilismo programmato, destabilizzazione a fini geopolitici. Come molta della fuffa che riguarda il COVID, anche queste nuove teorie puzzano di disinformazione organizzata.
Quando parliamo di disinformazione e COVID non dobbiamo più pensare semplicemente a persone che organicamente fabbricano e si passano informazioni bislacche o false, ma a una strategia di disinformazione pilotata, eterodiretta, fomentata attraverso l’utilizzo di bot e di schiere di addetti umani con messaggi costruiti a tavolino per adattarsi rapidamente alla realtà che via via smentisce le balle precedenti.Si tratta di instillare gradualmente il dubbio e il sospetto su tutto, anche sulle realtà ovvie finora condivise per sfibrare a poco a poco le risorse che aiutano a tenere insieme il tessuto sociale.
Come gli ospedali, da mostrare non non più come risorsa collettiva di cura e assistenza ma come fucina di falsità, di allarme ingiustificato mentre i letti sono vuoti. O i vaccini (già cavallo di battaglia di tanti fuffaroli ante-covid) che da presidio preventivo diventano mezzo di oppressione e controllo. O lo stesso virus, non più nemico comune da combattere ma la cui esistenza diventa oggetto di opinione personale e politica.
Si tratta di creare un esercito di sapientoni sul web costringendo le persone davvero competenti a passare quantità inaccettabili di tempo a spiegare, sfatare, dettagliare realtà che dovrebbero essere evidenti o, peggio ancora, procedure tecniche che sono, per definizione, fuori dalla portata dei non addetti ai lavori.
Si tratta di mettere intere classi di tecnici continuamente sulla graticola, non già per l’utile scrutinio pubblico sui risultati e la competenza ma sulla base di quotidiani sospetti, congetture, richieste pressanti di confutare teorie deliranti, alimentando la sfiducia e minando il morale della popolazione.
Messaggi come quello ” del covid che non c’è” e “il covid non uccide” tuttavia, tendono a perdere efficacia in un momento in cui quasi tutti hanno esperienza più o meno diretta e drammatica con la malattia.Ed ecco che si affacciano nuove generazioni di fake che mirano a creare caos e disorientamento riguardo ai pilastri finora condivisi della diagnosi e della prevenzione, in maniera sempre più granulare.
E così si instillano sospetti sui test: non più strumento oggettivo di contrasto alle malattie, ma strumento repressivo e fallace di cui dubitare. Se non possiamo fidarci del gold standard per trovare i contagiosi, di cosa possiamo fidarci? Non sarà un altro trucco per tenerci segregati in casa, per distruggere la nostra economia? Ma certo.
Nulla impedisce a seminatori malevoli di fake di attaccare con precisione guerresca qualunque figura o strumento oggi condiviso. Ci si attaccherà con nuove e più perfezionate teorie sui vaccini, quando faranno la loro comparsa. E perché non dubitare dell’ossigeno che diamo ai nostri malati? Da dove arriva? Chi lo produce? Cosa contiene? E la pronazione, cosa nasconde?
Le tracce di moltissime fake, ce lo mostrano le evidenze finora raccolte da una mole crescente di indagini e fonti ufficiali comunitarie e non, convergono verso una ridente federazione di stati dove si scrive in cirillico, dove si spendono miliardi (letteralmente: miliardi) di euro in propaganda media e social e dove sappiamo che migliaia di addetti si occupano a tempo pieno di costruire fake news multilingua ad uso e consumo della brava gente al di qua e al di là del confine. La UE ha creato perfino una task force apposita e un sito internet con il preciso scopo di “better forecast, address, and respond to the Federation’s ongoing disinformation campaigns affecting the European Union, its Member States, and countries in the shared neighbourhood.”
Quella ridente federazione è in questo momento il posto al mondo dove si consuma la più grande abbuffata interna di fake (i loro media nazionali sono una distopia anche per chi, come noi, è abituato alla spazzatura) e contemporaneamente il più grande esportatore delle medesime.L’interesse geopolitico di quella ridente federazione nel destabilizzare i paesi europei (e non solo ) puntando sul caos e sulla spinta devastante del populismo è evidente e direi piuttosto documentata.
Questa spazzatura, lungi dall’essere il prodotto organico di bias o di ignoranza, va quindi considerata alla stregua di un bombardamento intelligente, di un atto bellico dove il debunking, esercizio già alquanto inutile prima (lo dimostrano valanghe di studi), risulta futile quanto spalare montagne di sabbia con un cucchiaino*
Alla guerra, seppure a colpi di fake, bisogna purtroppo rispondere con altrettanta energia, e armati di strumenti di difesa e offesa ai più alti livelli. Non certo con un esercito di sbufalatori, per quanto bene intenzionati.Cominciare a chiamare le cose con il loro nome sarebbe un buon inizio.
*una famosa dottrina sulle fake parla di montagne di m… non di sabbia, ma non volevo sembrare volgare.
I test rapidi (e salivari) spiegati facile.
Tutto quello che c’è da sapere su tamponi rapidi, test antigenici, test salivari per COVID19. I test rapidi che potrebbero rivoluzionare la lotta al coronavirus. Un altro video della mia seria divulgativa “Bio..Che?” in collaborazione con Sanofi Genzyme a la European Biotech Week.
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E fallo sapere agli amici!