Scidev.net: scienza dall’altro mondo
IL nome non è dei più fantasiosi, ma il sito scidev.net , portale dell’omonima organizzazione, è veramente un ottimo punto di osservazione sulla scienza e le iniziative per la ricerca dei paesi in via di sviluppo. Scidev è un associazione non profit nata con il supporto di prestigiosi organismi di varie parti del mondo.
Il sito, documentatissimo e autorevole, è disponibile in inglese, spagnolo e portoghese.Da non perdere.
Premio Pirelli per la divulgazione della scienza
multimediali di comunicazione della scienza.
La partecipazione è gratuita e il montepremi è di 105.000 euro. La
scadenza per linvio dei lavori è il 31 dicembre 2006 e la premiazione sarà
la primaverà seguente a Roma.Gli argomenti di quest’anno scelti per promuovere la diffusione
della cultura scientifica e tecnologica sono quelli relativi alla
didattica multimediale nei seguenti settori:fisica, chimica,
matematica, scienze della vita e ICT. Inoltre, per incentivare la
partecipazione di autori italiani, sono in palio 2 premi riservati
esclusivamente ad essi.
A Saint Louis la Sanremo della Scienza
Cosa hanno in comune il Festival di Sanremo e il meeting dell’ AAAS, (“triple A, S”, come viene familiarmente chiamata ) la potentissima American Association for the Advancement of Science (quella che pubblica “Science“)? Nulla, tranne il fatto che, come la trasmissione canora, anche l’AAAS meeting è uno di quegli eventi che riempiono per un bel pò le news (in questo caso quelle scientifiche). E poi, almeno nell’ambiente, del meeting tutti parlano, molti vorrebbero esserci, qualcuno lo snobba, pochi hanno il tempo e i soldi per andarci veramente. Come il festival di Sanremo, insomma. La sede di quest’anno è St. Louis, Missouri (dal 17 al 20 Febbraio).
Anche per chi non quest’anno ci è potuto andare (come il sottoscritto) vale la pena dare un occhiata al programma e che è come al solito faraonico. La divulgazione, come sempre, fa la parte del leone.
La ricerca italiana promossa a pieni voti. Oppure no?
La ricerca italiana è promossa a pieni voti. E’ la conclusione del Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca (CIVR) un organismo di valutazione creato dal MIUR che in una conferenza stampa del 26 Gennaio ha presentato i risultati del primo rapporto sulla valutazione della ricerca Italiana, riproposti in maniera assai poco critica da quasi tutti media.
L’immagine che ne viene fuori è quella di una ricerca italiana al "top": il 30 % dei "prodotti" scientifici valutati è stato giudicato eccellente secondo "una scala di valore condivisa dalla comunità scientifica internazionale", la fascia più ampia, pari al 46%, si è posizionata sul buono. Infine 19 % di prodotti sono stati giudicati accettabili e soltanto il 5% limitati.
"La ricerca italiana supera l’esame della valutazione, mostrando risultati di qualità" – dichiara così il ministro Moratti, che ha fortemente sostenuto la creazione del CIVR.
Ma allora – viene da pensare- va tutto bene? Siamo di fronte all’ennesimo miracolo italiano, che di colpo annulla gli annosi problemi della nostra ricerca, con il suo carico di povertà cronica, baronati, finanziamenti senza logica, fuga dei cervelli e a rischio di calo verticale della produttività?
Guardando da vicino il rapporto ci si accorge che non è tutto oro quello che luccica.
Cerchiamo di semplificare: dato che tutto è relativo, quando qualcuno ci dice che qualcosa è "eccellente", "buono" o "accettabile" , la prima cosa da fare è capire a quale scala di valori si riferisce. Secondo il CIVR, la scala di valori è quella "condivisa dalla comunità scientifica internazionale". E’ davvero così?
IL Research Assesment Excercise britannico, ad esempio, è considerato dalla stessa Moratti una dei metodi di riferimento mondiali per la valutazione della ricerca, e ad esso si è ispirato il lavoro del CIVR. Questa è la definizione di "eccellenza" che troviamo nelle linee guida del RAE:
Four star:
Quality that is world-leading in terms of originality, significance and rigour.
Traduzione: secondo il RAE (e secondo i criteri universalmente accettati) è eccellente la ricerca che risulta al massimo livello mondiale in termini di originalità, importanza e rigore.
Questa, invece, è la scala di valori adottata dal CIVR e pubblicata nel suo rapporto:
Eccellente:
Il prodotto si colloca nel 20% superiore della scala di valore condivisa dalla comunità scientifica internazionale
Buono:
Il prodotto si colloca nel segmento 60%-80%
Accettabile
Il prodotto si colloca nel segmento 40%-60%
Limitato:
Il prodotto si colloca nel 40% inferiore
In altre parole: il CIVR ha chiesto ai propri esperti (interni ed esterni) di classificare come "eccellenti" i "prodotti" (principalmente pubblicazioni scientificiche e brevetti) che a loro giudizio rientrano nel "top 20% " di tutta la produzione mondiale.
E qui nasce un problema -che un addetto ai lavori chiamerebbe "bias metodologico": la definizione di eccellenza adottata dal CIVR non corrisponde a quella adottata nel resto del mondo.
Qual’è la differenza fra le due definizioni di "eccellenza"? Quella saggiamente adottata oltremanica è qualitativa: è eccellente il prodotto che risulta al massimo livello mondiale in termini di originalità, importanza e rigore. La definizione scelta dal CIVR è invece quantitativa: sono "eccellenti" tutti i prodotti che rientrano nei migliori 20% del proprio campo.
Non ci sarebbe nulla di male se solo fosse chiaro da dove arriva quel fatidico 20 per cento. Infatti, anche se può sembrare strano, la soglia di eccellenza universalmente accettata nella valutazione della produttività scientifica non è del 20 ma dell’ uno per cento: infatti, anche se non ci sono leggi scritte, la consuetudine è di giudicare eccellente solo quegli articoli, quei progetti scientifici, quei ricercatori, che si situano nel top 1% mondiale dei loro rispettivi campi (alcuni considerano come soglia il 5%, ma questo cambia poco nel nostro caso).
Facciamo un esempio per capire: se in una scuola di mille alunni decidiamo di considerare eccellenti solo i migliori dieci (l’1 per cento) sceglieremo con tutta probabilità dieci piccoli geni (o i dieci più secchioni). Se decidiamo che sono eccellenti i migliori 200 (il 20 per cento), quasi sicuramente annovereremo fra gli "eccellenti" anche un bel pò di alunni mediocri, e perfino qualche ciuccio.
E nella scienza, se si vuole prendere quello che è veramente buono, bisogna essere estremamente stringenti, perchè è tristemente noto che la maggior parte degli articoli scientifici che vengono pubblicati è "fuffa"- cioè non verrà mai citato in altri lavori (quest’ultimo è un argomento che prometto di spiegare in dettaglio in post futuri).
La definizione di "eccellente" adottata dal CIVR è perciò troppo elastica, e comprende verosimilmente molti "prodotti" che , secondo i criteri universalmente accettati, verrebbero considerati tutt’ al più passabili, e forse anche qualche "ciuccio".
Con questo non voglio dire che non ci sia spazio per l’eccellenza nella ricerca Italiana; al contrario, nel mio blog porterò molti esempi e indicatori di assoluta eccellenza mondiale in alcuni campi.
E’ positivo che finalmente si faccia uno sforzo per valutare l’output della ricerca italiana, e per stabilire criteri di finanziamento basati sui risultati, e di questo va dato merito al ministro Moratti che ha fortemente sostenuto questa strada.
Tuttavia, adottando criteri troppo elastici per definire l’eccellenza il CIVR e il ministro Moratti offrono un’immagine virtuale ed edulcolorata della ricerca italiana. Si tratta di un esercizio rischioso perchè invece di premiare i migliori finisce col mettere ancora una volta sullo stesso piano chi fa veramente ricerca eccellente e chi no. I ciucci ringraziano.
Communique: la scienza europea si butta sui media
La ricerca made in Europe vuole fare sentire la sua voce. E’ lo scopo di Communique, una nuova iniziativa della UE.
"Sfortunatamente lEuropa, nonostante gli eccellenti risultati nel campo della ricerca, ha qualche problema di comunicazione con i mass media",
si legge nel documento del progetto.
Che in Europa ci sia un problema di comunicazione con i media è evidente. Basta sfogliare giornali e riviste: a fare la parte del leone nelle notizie scientifiche è sempre la ricerca USA, nonostante il fatto che la scienza del vecchio continente produca risultati più che interessanti. Perchè? Fra tante spiegazioni, ce n’è una molto semplice: gli uffici stampa dall’altra parte dell’oceano sono più bravi a confezionare e "vendere" le loro notizie, e a creare un rapporto profiquo con i media. Ai giornalisti che vorrebbero dare notizie sulla ricerca europea (posso garantire che di notizie ce ne sarebbero tante, e anche molto appetitose) non resta che cercare il proverbiale ago nel pagliaio, tuffandosi ad esempio nei mastodontici siti istituzionali della EU, come Cordis. Di tutto ciò si sono accorti anche a Bruxelles, come dimostra il "manifesto" di Communique:
"Diversamente dalle controparti americane e asiatiche, la comunità di ricerca europea è più interessata a comunicare internamente con altri ricercatori e, in molti settori, si è arrivati a una totale assenza di comunicazione con i mass media. Ciò si evince semplicemente confrontando limportanza degli uffici informativi delle organizzazioni americane con quelli delle istituzioni europee. Ad esempio i rapporti della NASA con i media non sono migliori solo per la presenza di migliori strutture e personale, ma contribuiscono allo sviluppo delle procedure di comunicazione della NASA e di altre organizzazioni e fanno risaltare limportanza delle procedure della NASA. Rispetto a questo molti uffici informativi europei hanno personale e risorse inadeguate e sono esclusi da qualsiasi tipo di decisione".
Condivido , anche se forse non è un’ottima idea prendere come modello la NASA – che ultimamente ha collezionato una discreta serie di flop, mediatici e non solo.
Insomma, anche a Bruxelles c’è voglia di "vendere" meglio la ricerca Europea ai media. Come fare non è ancora chiaro, dato che il progetto è ancora nei primissimi steps. A chi vuole saperne di più, ed eventualmente contribuire con commenti e proposte (aperte a tutti) consiglio di leggere la road map del progetto pubblicata sul sito di communique o partecipare ai meeting che si terranno in varie parti d’ Europa (anche a Roma).
PS: L’immagine del post non c’entra nulla. E’ che quando sento la parola "Communique" non riesco a non pensare all’omonimo disco dei Dire Straits del 1979. Ascoltatelo e capirete.
L’ otto per mille alla ricerca: buona idea ma non basta
L’idea non è nuova, se ne parla ad ogni legislatura ma alla fine rimane sempre lettera morta: una legge per destinare l’ otto per mille dell’IRPEF anche alla ricerca scientifica. Da qualche tempo l’idea viene riproposta, in modo articolato e con determinazione dal giornalista Enzo Mellano in questo sito , raccogliendo adesioni e commenti da parte dei cittadini e della comunità scientifica.
Di per sè l’idea è semplice: basterebbe cambiare poche parole della legge attuale per includere la ricerca scientifica fra le finalità del famigerato l’8 per mille, insieme a quelle attuali. Non si tratta di bruscolini, considerato che l’ammontare totale dell’ otto per mille è di circa mille milioni di euro, che con il sistema attuale vanno in gran parte alla Chiesa Cattolica. Anche se solo una parte di questi soldi venisse dirottato dai contribuenti a finanziare la ricerca, ciò potrebbe avere un impatto importante sulla nostra povera scienza.
Se come speriamo, si arrivasse a destinare una parte dell’ otto per mille alla ricerca, resta aperto un problema: come andrà effettivamente distribuito e gestito il fiume di denaro che affluirebbe? Questa è anche la questione principale sollevata dai ricercatori che hanno commentato sul sito di Mellano.
Dato che in campo scientifico è fin troppo facile spendere risorse in perfetta buona fede, ma male rimane quello che molti – incluso il sottoscritto- ritengono la questione numero uno della ricerca italiana: non solo e non tanto la carenza di soldi ma anche e soprattutto la mancanza – a livello pubblico – di un modello efficiente di selezione dei progetti da finanziare, di gestione dei fondi, di monitoraggio e di follow-up dei progetti. La domanda da mille milioni di euro è quindi: chi deciderà come spendere i soldi dell’ otto per mille per la ricerca? Con quali criteri? Con quali priorità ?
La soluzione sostenuta dai promotori della proposta di legge è l’istituzione di una sorta di agenzia nazionale per la ricerca, un organismo che avrebbe il compito di coordinare efficacemente le risorse per la ricerca. Sarebbe una scelta sensata, la stessa adottata da altri paesi prima di noi. A patto che, si tratti di ” un organismo autorevole (non un carrozzone politico), che sia espressione di tutti i soggetti istituzionali delle varie branche della Ricerca.” sostiene giustamente il sito di Mellano.
Il cinque per mille (anche) alla ricerca
Forse già lo sapete, ma nella prossima dichiarazione sarà possibile decidere di devolvere il 5 per mille dell’IRPEF per il sostegno di attività di volontariato e di ricerca, come previsto dalla legge finanziaria.
Per quanto riguarda i soggetti non profit , la quota è destinata:
* alle Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale – ONLUS (articolo 10 del D. Lgs. n. 460/1997) comprese le ONLUS di diritto (gli organismi di volontariato, leOrganizzazioni Non Governative, le cooperative sociali e i loro consorzi e gli enti ecclesiastici e le associazioni di promozione sociale qualificatisi ONLUS limitatamente ad alcune attività (commi 8 e 9 dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 460/1997);
* alle Associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali (articolo 7, legge383/2000);
* alle fondazioni e associazioni riconosciute che operano nei seguenti settori: assistenza sociale e socio-sanitaria; assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico; tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, con esclusione dell’attività’, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; promozione della cultura e dell’arte; tutela dei diritti civili; ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni. (articolo 10, comma 1, lettera a. del D. Lgs. n. 460/1997)
Le fondazioni e gli enti interessati hanno tempo fino al 10 Febbraio prossimo per registrarsi.
Di cosa si tratta in pratica?
sarà possibile per tuti i contribuenti decidere di devolvere il 5 per mille dell’IRPEF ad una fondazione, ente, ONLUS etc…e quindi anche e enti impegnati nella ricerca scientifica (ONLUS, Università, centri pubblici) indicando il codice fiscale del beneficiario nella dichiarazione dei redditi.
Pregi secondo me : chi vuole può dare un aiuto alla ricerca scientifica (fra le altre cose) scegliendo a chi andranno i soldi del 5 per mille. Per alcune non-profit potrebbe favorire un importante gettito, ma soprattuto (a mia conoscenza) è la prima volta che il singolo contribuente può scegliere di destinare una parte (anche se piccola) delle tasse per finalità di ricerca o di assistenza.
Difetti secondo me: Il provvedimento è provvisorio (a scopo sperimentale), non è la riforma dell’8 per mille auspicato da molti ed è anche soggetto a qualche critica. L’8 per mille alla Chiesa Cattolica (diciamo per correttezza ale “Chiese”) rimane così com’è.
Insomma, il cinque per mille è meglio di niente, ma non basta.
“[…] se si guarda al bilancio pubblico e alle decisioni di spesa nel complesso, nulla garantisce che le decisioni di spesa espresse dai contribuenti non siano spiazzate da decisioni di segno opposto dello Stato. Ad esempio, a fronte di maggiori risorse destinate con il 5 per mille al sostegno del volontariato, potrebbe corrispondere una diminuzione di risorse allo stesso fine stanziate dal bilancio dello Stato.”
– commenta “La voce” in questo post che raccoglie molti commenti interessanti.
Insomma, è un provvedimento “spot” e incompleto, e bisogna sperare che non sia l’ennesimo “dai e togli”, ma almeno c’è.
Posso fare un appello? Aprofittatene. Date il 5 per mille alla non profit di vostra scelta:ricerca, assistenza, etc…(per deformazione professionale propendo per la ricerca, ma ciascuno ha le sue legittime priorità). Leggete la carta della donazione e premiate organizzazioni serie con un progetto chiaro e che giustificano i soldi spesi.
Fra le tante scelte possibili, eviterei però di dare anche il 5 per mille ad enti o associazioni ecclesiastiche (peraltro incluse dal provvedimento). Non perchè non siano meritorie, ma perchè già beneficiano del’8 per mille e dell’esenzione ICI. A me sembra già abbastanza, o no?
Sprazzi di luce nella ricerca Italiana, parola di Nature
Luci e ombre della ricerca italiana dipinte ancora una volta dalla rivista Nature,che a più riprese si è occupata della situazione della scienza nel nostro paese. "I problemi nei finanziamenti publici hanno impedito all’Italia di stare alla pari con altri poli scientifici europei, ma alcune inziative private mostrano un barlume di speranza""- scrive Alison Abbot su Nature del 15 Dicembre. Fra gli esempi positivi, l’autrice cita gli istituti TIGEM e HSR-TIGET finanziati da Telethon (sorriso del sottoscritto che dichiara tutto il suo conflitto di interesse), il San Raffaele di Milano e il Centre for Computational and System Biology, frutto di una joint venture fra l’Università di Trento e Microsoft. Positivi, scrive Nature, perchè offrono un alternativa rispetto ai rari concorsi pubblici che "intasano il processo di reclutamento, richiedendo mesi o anni per riempire un posto".