W la ricerca! E scusate il ritardo.
Un pò in ritardo – anzi parecchio- rispetto all’uscita sulla RAI, ho visto di recente il documentario W la Ricerca di Riccardo Iacona (RAI 3, 2 Aprile, replica del 21 giugno 2005). Putroppo la RAI non ha (ancora?) deciso di mettere il documentario in streaming sul sito, e perciò ho avuto difficoltà a reperire una copia (in compenso su raiclick trovate tutte ma proprio tutte le puntate di Porta a Porta – wow!).
L’inchiesta di Iacona meriterebbe di essere riproposta sul sito della RAI. Non è solo fatta bene dal punto di vista stilistico (come al solito Iacona e i suoi autori sono molto bravi a mettere insieme e raccontare le storie)ma ha il pregio di evitare evita i facili scandalismi (alla "Report", per intenderci) anche se di materia di scandalo ce ne sarebbe eccome, concentrandosi invece sull’aspetto forse più importate che riguarda la fuga dei cervelli: quanto costa, umanamente ed economicamente, "allevare" giovani e brillanti menti per poi regalarle agli altri paesi?
I casi e le interviste presentati sono ben noti, almeno nell’ambiente degli "addetti ai lavori" e presentati in modo veritiero. Quella di Lucio Luzzatto, ad esempio, illustre ricercatore richiamato dagli Stati Uniti per dirigere l‘Istituto Tumori di Genova e poi cacciato da un commissario della ASL con una scusa ridicola. Sono casi emblematici di quanto succede, oggi ma non da oggi, nella ricerca italiana.
Mi segnalano che il video della puntata si può vedere a questo link http://www.centrodiascolto.it/videopress/videobox.php?idcat=149&path=131,149,149&id=31259&page=1
(è necessaria la registrazione gratuita). Attendo come sempre i vostri commenti sul programma. Sergio Pistoi
Cinque per mille alla ricerca: istruzioni
Sul sito dell’Agenzia per le Entrate sono pubblicate le istruzioni per destinare il 5 per mille dell’IRPEF ad enti che sostengono attività scientifiche (oltre che ad associazioni ed enti con finalità non profit non necessariamente legate alla ricerca).
La lista ufficiale degli enti che sostengono la ricerca scientifica e che possono beneficiare del cinque per mille è pubblicata qui.
In quest’altra lista trovate invece gli enti che sostengono ricerca sanitaria.
E’ una buona occasione, anche se sporadica, per sostenere la ricerca. Sergio Pistoi
Nature e Britannica in duello (e Wikipedia sta a guardare)
Quando due colossi del sapere come Nature e l’Enciclopedia Britannica si scontrano le scintille sono inevitabili. Da qualche settimana, gli editors di una delle più grandi riviste scientifiche mondiali (Nature, appunto) e quelli dell’Enciclopedia per antonomasia si scambiano accuse e frecciate reciproche sempre più dure a colpi di articoli e comunicati stampa al vetriolo.
Roba da poco per noi che siamo abituati alle italiche cagnare, ma un evento inusuale se si pensa che stiamo parlando di quelli che si considerano (o dovrebbero essere considerati) due pilastri del fari play in puro stile e british. E come in tutti i certami fra gentlemen, cerchez la femme: causa involontaria della bagarre è Wikipedia, proprio lei, la nota enciclopedia online, che ora- come una bella gentildonna – assiste come spettatrice innocente ma interessata all’epilogo del duello fra i due bigs della conoscenza.
Pensare che tutto era cominciato in modo innocente. A dicembre, Nature pubblicava uno studio che cercava di rispondere ad una semplice domanda: Wikipedia (che come è noto è gratis e opoen source, cioè creata con il contributo di tutti) è più o meno scientificamente accurata di Britannica (un prodotto editoriale prestigioso, redatto da esperti e a pagamento)? .Per questo, la rivista ha chiesto a 42 esperti di varie discipline di valutare l’accuratezza di varie voci di carattere scientifico provenienti dai due siti, alla cieca (cioè senza sapere cosa arrivava da uno o dall’altro, per evitare pregiudizi). Risultato sorprendente: per ogni voce hanno trovato in media 4 errori in Wikipedia e 3 in Britannica. In pratica, pari e patta.
Ma Britannica, toccata sul vivo, non ci sta. A Marzo, prima stoccata di Britannica: l’Enciclopedia fa uscire un durissimo comunicato in cui contesta il metodo e i risultati di Nature e chiede addirittura che l’articolo venga ritirato. Il 27 Marzo fa uscire persino inserzioni a pagamento sul Times e sul New York Times. "Fatally flawed", fatalmente sbagliato, è il giudizio lapidario di Britannica sui risultati di Nature.
Nature risponde a stretto giro di posta sul numero successivo: niente da fare, lo studio è corretto e non ritiriamo un bel niente. Tiè.
La lotta non è ancora finita, e- come in tutti i duelli che si rispetti- in mezzo alla mischia è arrivato a fare da arbitro nientedimeno che l’Economist, altro pilastro dell’informazione in stile britannico, con un bell’articolo. Lasciando perdere i dettagli, il verdetto dell’ dell’Economist è quantomai salomonico e condivisibile: non ci vuole un esperto per capire che se Britannica è leggibile e affidabile, Wikipedia è una fonte incredibilmente utile di informazioni allo stato puro e aggiornate. Ah, e in più è gratis.
Ricerca: i programmi elettorali a confronto
Nei post precedenti ho analizzato e commentato le proposte di Ulivo (vedi post) e Casa delle Libertà (vedi post) su ricerca, università e innovazione.
Riporto a mo’ di riassunto le conclusioni che ho tratto dall’analisi ci ciascun programma:
ULIVO: un pò di fuffa, buone idee, qualche sbavatura.
Nel complesso mi sembra un programma piuttosto articolato (per essere un programma elettorale) e che accanto a un pò di bla bla contiene diverse buone proposte, in particolare quella dell’Agenzia per la Ricerca e l’idea di discutere una nuova governance per l’Università. Qualche proposta è discutibile, come quella poco sensata sull’ ‘obbligarietà del dottorato di ricerca e il piano di assunzioni a tempo indeterminato, che ricorda un pò le "infornate" periodiche da prima repubblica, ben note nelle università di qualche anno fa (ora non ci sono neanche più quelle).
CASA DELLE LIBERTA’: uno sconcertante vuoto.
IN tema di ricerca l’unico pregio del programma è la sua sintesi: quattro righe. Delle quattro proposte avanzate su ricerca ed innovazione la prima (trasformare le Università in Fondazioni) è a mio avviso sconcertante per la sua ingenuità e povertà di intenti la seconda, (incrementare-gli-investimenti-punto), è troppo vaga per poter essere presa in considerazione; la terza (copiare il modello francese) è poco credibile, dato che non tiene conto di differenze sostanziali fra i due paesi. Solo l’ultima proposta, raddoppiare la detassazione degli utili investiti in ricerca, sembra plausibile e ragionevole. Troppo poco,anzi praticamente nulla.
Le elezioni sono un tema delicato, ma posso assicurarvi che nel valutare i programmi dei due schieramenti mi sono basato soltanto sui fatti e sul mio senso critico, senza alcun pregiudizio politico, per rispetto di chi legge e della mia stessa materia grigia. Per chi ha commenti da fare, i commenti sono lì apposta. Sergio Pistoi
Ricerca: il programma della Casa della Libertà commentato
Dopo le proposte dell’Ulivo, commentate nel post precedente, è la volta di commentare il programma della Casa delle Libertà. per quanto riguarda le politiche della ricerca.
Rispetto alle dieci pagine prodotte da Prodi & Co.su ricerca università e innovazione, commentare il programma di Berlusconi è sicuramente più semplice: sono soltanto quattro le proposte dedicate alla ricerca che riporto integralmente (punto 8: ricerca ed energia: fonte dal sito di F.I.)
1) Libera trasformabilità delle Università in Fondazioni, in modo da aprire le università italiane ai contributi della società civile, al mercato, all’estero.
COMMENTO: La proposta è abbastanza sconcertante. Mi spiego meglio: dare la possibilità alle università di trasfomarsi in fondazioni, quindi enti autonomi con maggiore libertà ed elasticità burocratica rispetto all’attuale modello, non è necessariamente una cattiva idea, ma non può essere presentata come misura a sè stante. Una misura del genera può funzionare se rientra in una politica a più ampio respiro di autonomia gestionale e finanziaria delle università dove lo stato non se ne lava le mani. Lo dice anche un recente rapporto della EU sulle Fondazioni (p.69):
Government and universities should also explore the desirability and consequent changes that would
be required to the legal and regulatory framework for universities in order for them to be able to
operate as independent foundations, but at the same time recognising the responsibility of individual
state’s governments to maintain the basic science infrastructure for the nation.
Traduzione: trasformare le università in fondazioni è una buona cosa, ma 1) devono diventare organismi veramente indipendenti nella gestione delle risorse (leggi l’intero rapporto) e 2) non deve essere un modo per lo stato di sottrarsi ai propri doveri (in questo caso quello di finanziare l’infrastruttura di base della ricerca, cioè le università, i ricercatori etc…).
Scritta così la proposta della CDl suona più o meno così: " trasformiamo le Università in Fondazioni (non più statali). Così noi non tiriamo fuori una lira (un euro) in più e invece a sostenerle arriveranno i privati, il mercato, l’estero. Praticamente diamo in mano le università statali a qualche filantropo, o meglio ancora a qualche azienda, e se ci va male al limite arriverà a prendersele qualche paese straniero (magari i cinesi, visto che ne hanno poche se le ritrovano già pronte con muri e tutto, vuoi mettere). Poi si fa un pò fatica a capire l’essenza stessa della proposta perchè c’è un fatto: già da ora le università sono aperte ai contributi dei privati. Cosa cambierebbe? La proposta della CDL è talmente sintetica da lasciare aperte tutte le domande.
2) Incremento degli investimenti pubblici in ricerca pubblica e privata.
COMMENTO: Fantastico. Di quanto? Con quali modalità? Con quali risorse? Sarebbe una proposta? Così ero capace anch’io a scrivere il programma.
3) Importazione tale e quale dalla Francia in Italia dei 4 "fondi di fondi" per finanziare gli investimenti in ricerca.
COMMENTO: Confesso la mia profonda ignoranza, ci ho messo un pò a capire a cosa si riferissero i 4 "fondi di fondi " francesi. Se non ho preso un granchio si riferisce ai Fonds National de la Science del governo Francese, che si articolano appunto in 4 grandi programmi. Non conosco a fondo questo sistema, e non sono in grado di commentarlo. Anche ad un analisi rapida però c’è qualcosa che non va nella proposta di prendere "tale e quale" il modello Francese. In questo modello infatti gioca un ruolo centrale l‘Agenzia Nazionale della Ricerca ANR, un organismo di coordinamento e valutazione della ricerca che da noi non esiste (incidentalmente la sua creazione, invocata dalla comunità scientifica, è una della proposte avanzate nel programma dell’Ulivo- vedi post precedente). Insomma, per copiare il modello francese dovremmo diventare un pò francesi anche noi, nel senso che ci dovremmo dotare di un organismo paragonabile alla loro Agenzia per la Ricerca, altrimenti difficilmente il gioco reggerebb. Est-il claire? Il programma della CDL però non sembra curarsi molto di ciò.
4)Raddoppio della detassazione degli utili se reinvestiti in ricerca ed innovazione tecnologica.
COMMENTO: Almeno qui il programma della CDL ci dà un indicazione concreta. Non so di quanto sia la dettassazione attuale degli utili reinvestiti in ricerca, e non so neanche se sia mai stata valutata l’efficacia della detassazione attuale, ma almeno l’idea è quella di raddoppiarla, meglio di niente.
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In conclusione, il programma della CDL, per quanto riguarda la ricerca, è purtroppo vicina al vuoto spinto. Delle quattro proposte avanzate su ricerca ed innovazione, la prima (trasformare le Università in Fondazioni) è a mio avviso sconcertante per la sua ingenuità e povertà di intenti la seconda, (incrementare-gli-investimenti-punto), è troppo vaga per poter essere presa in considerazione; la terza (copiare il modello francese) è poco credibile, dato che non tiene conto di differenze sostanziali fra i due paesi. Solo l’ultima proposta, raddoppiare la detassazione degli utili investiti in ricerca, sembra plausibile e ragionevole. Troppo poco,anzi praticamente nulla. E’ così che Berlusconi pensa di risollevare la ricerca Italiana? Sergio Pistoi
Ricerca: il programma dell’Ulivo commentato
In questo e nel prossimo post commenterò i programmi elettorali dei due schieramenti politici sul tema della ricerca.
Giusto perchè non ci siano equivoci, sappiate che gli unici colori di sciencebackstage sono il grigio della omonima materia e il bianco della mielina. Insomma, dalle parti di questo blog l’unico partito che vale è quello del cervello che ragiona in modo autonomo. Per questo, tutto ciò che mi accingo a scrivere sarà solo frutto del mio spirito critico (magari criticabile) e di un pò di sano humor. Almeno qui, nell’oasi di questo blog non troverete dichiarazioni di voto o incitazioni a mettere la fatidica crocetta su questo o sull’altro simbolo. Quindi relax. Perfetto. Cominciamo con l’Ulivo.
Nel corposo programma elettorale dell’Ulivo si parla di ricerca, insieme a scuola e università, nel capitolo 9, intitolato con grande sforzo creativo: Conoscere è crescere. Una copia integrale del capitolo la trovate qui. Il programma elettorale (tutto) lo trovate sul sito dell’Ulivo. Per la ricerca bisogna arrivare a pagina 238.
E’ interessante notare che- anche se probabilmente il programma non lo dice -alcune proposte sulla ricerca nascono da un approccio bottom-up: le idee infatti sono state raccolte durante una fase di consultazione a cui hanno partecipato rappresentanti del mondo scientifico. Questo se non altro mi sembra un buon approccio.
I piani dell’Ulivo per il rilancio della ricerca si articolano in circa 10 pagine ben scritte, anche se bisogna fare la tara con un bel pò di bla bla di prammatica ( e quanto è importante la ricerca! E quanto è importante la meritocrazia! Etc…).
Il programma elenca alcune azioni prioritarie. Scelgo quelle che a mio parere sono più degne di nota:
1) La costituzione di un’Agenzia indipendente per la valutazione della ricerca, della didattica, delle funzioni di gestione delle istituzioni universitarie e di ricerca, dei docenti universitarie dei ricercatori degli enti di ricerca, anche con funzioni di ripartizione di incentivi finanziari premiali dei punti di qualità del sistema e curando l’inserimento di opportuni indicatori di genere nel benchmarking delle istituzioni scientifiche;
COMMENTO: La proposta di un agenzia nazionale per la ricerca- che già è una realtà in altri paesi- arriva dai ricercatori stessi è uno dei frutti migliori, a mio avviso, nato dal confronto con gli scienziati. Sarebbe una scelta sensata, la stessa adottata da altri paesi prima di noi. A patto che, si tratti di un organismo autorevole che si basi su criteri condivisi dalla comunità scientifica e non di un carrozzone politico. A dire il vero l’agenzia delineata dal programma si occuperebbe di un pò troppe cose (ricerca, didattica, università etc..). Basterebbe che facesse quello che fanno tutte: valutare la ricerca e distribuire i fondi in base a piani strategici e soprattutto all’eccellenza scientifica.
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2) La revisione, sulla base di un’ampia consultazione di tutti i soggetti interessati, della forma di governo degli atenei che la renda più efficiente e più responsabile nel rispetto dei principi dell’autonomia e della democrazia collegiale tipica della comunità scientifica.
COMMENTO: Questo non sarà un idea nuova ma potrebbe essere interessante, se effettivamente la consultazione dei soggetti interessati sarà ampia e seria. Una revisione seria del sistema di governance accademico dovrà per forza di cose scardinare – questo non è scritto nel programma- il penoso sistema feudale di vassallaggio su cui si regge l’istituzione delle univerità italiane E’ vero che tra il dire e il fare…
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3) Garantire un costante flusso d’immissione nelle università e negli enti di ricerca di giovani qualificati, varando immediatamente un piano pluriennale d’assunzioni a tempo indeterminato, definendo modalità di selezione rigorosamente basate sui meriti scientifici e tenendo conto della necessità e urgenza di incidere profondamente sull’enorme numero di persone che lavorano nelle università e negli
enti di ricerca con forme innumerevoli di precariato;
COMMENTO: Letta così l’idea sembra bella ma non lo è poi così tanto. Anzittutto il "piano pluriennale d’assunzioni a tempo indeterminato" suona sinistramente come "piano per una nuova infornata di assunti a vita, senza alcuna verifica periodica del lavoro". E’ vero che si parla di modalità di selezione rigorosamente basate sui meriti scientifici (giusto, giustissimo) ma anche di tenere " conto della necessità e urgenza di incidere profondamente sull’enorme numero di persone che lavorano nelle università e negli enti di ricerca con forme innumerevoli di precariato". Qui un brivido freddo mi corre lungo la schiena. Non ho capito bene. Se l’idea è quella di selezionare i bravi precari e dare loro un lavoro vero (non a vita e senza checkpoints, però) e nel contempo dare un bel calcione nel didietro a chi non ha meriti scientifici, tutto OK, splendido. Se bisogna fare l’ennesima "informata" di precari, qualunque essi siano, solo perchè sono lì da anni, allora no. Speriamo di aver capito male…
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4) Garantire le necessarie coperture previdenziali ed assistenziali ai titolari di contratti post-dottorato o diforme diverse di contratti a tempo determinato presso università ed enti di ricerca;
COMMENTO: Fantastico. Basta sapere chi paga.
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5) Rendere obbligatorio il dottorato di ricerca per la carriera universitaria e negli enti di ricerca, dotandosi di opportune norme transitorie;
COMMENTO: il dottore che c’è in me gongola…"Giusto, viene da dire, dopo tanta fatica per avere ‘sto dottorato, almeno che venga riconosciuto". Ma è giusto che venga reso obbligatorio per legge? No, mi sembra una enorme cavolata. La selezione dei ricercatori va fatta seguendo l’unico criterio dell’eccellenza. Avere il dottorato è sicuramente una cosa buona. Ma considerate questo caso: avete davanti il Dr. De Ganzis, brillante ricercatore con tante pubblicazioni ma niente dottorato (non è riuscito ad averlo perchè non aveva gli aggangi giusti in università) o il Dr. De Furbis, curriculum scarso ma un bel dottorato (e certo, l’ha avuto perchè aveva le entrature giuste). Direte voi: " ma come, il dottorato è comunque un titolo che garantisce un merito scientifico, non è mica facile arrivare in fondo, anche una volta che sei entrato". Certo, quasi dappertutto nel mondo. Per quanto riguarda l’Italia potrei rispondere con una sonora risata (non me ne abbiano i tanti che il dottorato se lo sono sudato e meritato. Io ne conosco tanti. Ma se non li conosci come si fa a sapere quali sono?).
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Il programma contiene molte altre cose che non ho commentato perchè mi sono parse meno interessanti e originali. Se avessi tralasciato aspetti importanti fatemelo sapere.
Nel complesso mi sembra un programma piuttosto articolato (per essere un programma elettorale) e che accanto a un pò di bla bla contiene diverse buone proposte, in particolare quella dell’Agenzia per la Ricerca e l’idea di discutere una nuova governance per l’Università. Qualche proposta è discutibile, come quella poco sensata sull’ ‘obbligarietà del dottorato di ricerca e il piano di assunzioni a tempo indeterminato, che ricorda un pò le "infornate" periodiche da prima repubblica, ben note nelle università di qualche anno fa (ora non ci sono neanche più quelle).
Come tutti i programmi elettorali, anche nel caso che l’Ulivo la spunti verrà verosimilmente attuato solo in parte. Speriamo che, nel caso, sia la parte buona.
Nel prossimo post il programma sulla ricerca della CDL Sergio Pistoi
Ricerca: un mondo che cambia
L’ultimo rapporto della National Science Foundation degli Stati Uniti conferma che il sapere scientifico e tecnologico non è più appannaggio dei paesi occidentali. E’ il tema di un mio articolo pubblicato questo mese su Le Scienze. Il rapporto biennale della NSF mette in luce come la spesa globale in ricerca e sviluppo sia in continuo aumento, e come si assista alla crescita della Cina e di altri paesi emergenti, come Singapore e Corea, non solo nella produzione industriale high-tech ( e questo già si sapeva) ma anche nel campo della ricerca e sviluppo.
La Cina è oggi al terzo posto mondiale nella graduatoria dei paesi che finanziano ricerca, un dato che gli esperti americani stanno prendendo molto sul serio. C’è da augurarsi che lo si faccia anche da noi.
Non posso ancora mettere online il testo del mio articolo per ovvi motivi di copyright, ma il rapporto della NSF è liberamente consultabile qui. Ve ne consiglio la lettura. Sergio Pistoi
Diventare capi del CNR: cosa dice la legge
Intanto vediamo cosa dice la legge, in questo caso quella che sancisce le caratteristiche che deve avere il direttore del CNR (art 6 comma 2 Decreto legislativo 4 giugno 2003 n. 127)
Il presidente é scelto tra persone di alta qualificazione scientifica e manageriale, con una profonda conoscenza del sistema della ricerca in Italia e all’estero e con pluriennale esperienza nella gestione di enti o organismi pubblici o privati, operanti nel settore della ricerca. É nominato con le procedure di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, dura in carica quattro anni e può essere confermato una sola volta.
Traduzione: secondo la legge, il presidente del CNR deve essere allo stesso tempo:
1) uno scienziato di alto valore (=alta qualificazione scientifica)
2) una persona di comprovate capacità manageriali (=alta qualificazione manageriale)
3) uno che la sa lunga su come funziona il mondo della ricerca (=il resto del bla bla)
Ora, applicando il mio metodo empirico, proverò a vedere se il nostro Fabio Pistella soddisfa uno o più di questi criteri stabiliti dalla legge:
1) E’ Pistella un valente scienziato?
No. L’analisi della suo curriculum scientifico, già discussa fino alla nausea nei miei post, e altrove, dimostra che il suo profilo di scienziato è mediocre . Questo nonostate il poco encomiabile tentativo di Pistella di dissimulare la povertà del suo CV, vantando pubblicazioni inesistenti. A ciò si aggiunge il fatto che nella comunità scientifica, Pistella era un emerito sconosciuto prima di approdare a ruoli direzionali assegnatigli dall’alto.
2) E’ Pistella un manager di comprovata esperienza in campo scientifico?
Su questo ci sono legittimi dubbi. Anzi, al di là delle polemiche più o meno sterili sulle sue pubblicazioni possiamo dire che la carenza che più di ogni altra gli viene rinfacciata dai suoi avversari è proprio quella manageriale. Fra i suoi precedenti incarichi il più importante è stato quello di direttore generale dell’ENEA (dal 1981 al 1997) dove ha applicato una politica che si è rivelata, alla luce dei fatti , disastrosa. L’ENEA versa oggi in uno stato oggettivamente deprecabile, sia sul piano scientifico che su quello organizzativo. L’ENEA è oggi un ente commissariato dal 2005 i cui vertici, in perfetto stile Morattiano, sono nominati in base a criteri politici. Ovviamente non sarebbe logico addossare a Pistella tutta la responsabilità per quello che è successo all’ENEA ma almeno possiamo dire che il suo carnet professionale nella ricerca non è ricco di successi, tutt’altro. Facciamo un esempio tanto per capire. Diciamo che siete il maggiore azionista della Tap-o-Matic, la multinazionale leader in accessori per cavatappi, si cui dovete scegliere il nuovo amministratore delegato. Davanti a voi avete il CV di Pisto Fabiella, un tizio che per anni ha diretto un’azienda simile, la NovoTap. Non sapete bene cosa ha fatto, ma quello che sapete, perchè non siete nati ieri, è che la NovoTap è sull’orlo del fallimento (inoltre produci accessori per cavatappi decisamente scadenti). Che fate, lo assumete o cercate altrove?
3) E’ Pistella uno che la sa lunga?
Che Pistella la sappia lunga, almeno su "come si sta al mondo" mi pare evidente, considerata la sua fulminea carriera . La pluriennale esperienza richiesta dalla legge, innegabilmente ce l’ha, anche se come abbiamo visto non sempre così positiva Se , però, ci chiediamo se la sa lunga riguardo al mondo della ricerca forse la risposta è negativa. Lo dico per vari motivi. Anzitutto parla e agisce come se la scienza e le sue regole gli fossero estranee. Nel suo processo di rimaneggiamento del CNR la scelta degli istituti da accorpare, chiudere etc..è stata fatta troppo spesso senza tenere conto di indicatori di eccellenza scientifica, e senza che appaia una vera strategia di ricerca a lungo termine. E poi, se fosse stato un pò più "scafato" su come vanno le cose nel mondo scientifico, avrebbe saputo che per riformare un ente come il CNR, senza entrare nel merito della riforma, si usano modi diversi da quello che ha impiegato, e che hanno già fallito per l’ENEA. Forse l’esperienza avrebbe dovuto insegnare a Pistella che è meglio agire diversamente. Perchè, come fanno tutti gli enti seri nel mondo, non ha consultato un panel di revisori internazionali , seri ed indipendenti, prima di affrontare una ristrutturazione così impegnativa? Sergio Pistoi