Rita Levi Montalcini (ri) scopre l’ottimismo
E‘ difficile in Italia dedicarsi alla ricerca, ma ‘le cose stanno cambiando’– ha detto l’inossidabile Rita Levi Montalcini aprendo una recente manifestazione divulgativa a Scandiano ‘Voglio comunicare ai giovani – ha aggiunto – quanto sia bella e stimolante la ricerca scientifica e quanto l’impegno in questo senso sia una gratificazione quotidiana‘.
[Nella foto (http://www.elenasomare.com) : Rita Levi Montalcini vede il bicchiere mezzo pieno?]
Dal 97 enne premio Nobel ora arriva un’iniezione di ottimismo. Meno male, perchè negli ultimi anni, dalla nostra mitica scienziata era arrivata più che altro una sfilza di previsioni apocalittiche (peraltro condivisibili) sulla "scienza italiana che affonda", sulla ricerca nazionale "tradita" e sull’ "Italia fuori dal mercato". Mi fa piacere che ora la nostra ex Cassandra (lo dico con simpatia e rispetto) veda ora mezzo pieno il bicchiere della nostra povera scienza.
Ma cosa gli ha fatto cambiare idea? Voglio dire, quale fausto evento ha fatto virare verso il sereno variabile le previsioni del Nobel? Il cambio di governo, mi viene da pensare. La Nostra potrebbe avere ragione: anche impegnandosi è difficile gestire la ricerca peggio di come hanno fatto in questi anni Mestizia Moratti & co. Difficile ma non impossibile, come insegna la storia del passato anche non troppo lontano. E allora continuo a non capire.
Egregia Professoressa Montalcini, se è in ascolto, ci dica per favore cosa sta cambiando. Mi faccia indovinare: vuoi vedere che la bagarre al parlamento per l’elezione dei posti-chiave è solo una copertura? In realtà i neo-deputati stanno discutendo segretamente una riforma seria del sistema di ricerca, uno schema di reclutamento e di carriere per i ricercatori che finalmentedia spazio ai giovani meritevoli, un sistema di finanziamento basato sull’innovazione e la produttività scientifica (quella vera, non quella virtuale del CIVR, vedi post ). Se come Senatrice ha visto accadere tutto questo dietro le quinte ce lo dica, la prego.
No, senza scherzi. Le buone notizie ci sono sempre piaciute. Se c’è qualcosa che davvero sta cambiando vorremmo saperlo, carissima Professoressa Levi-Montalcini. Magari, però, nel nostro ottimismo vorremmo essere confortati da qualche informazione in più, magari da qualche dato, e non solo da una sua semplice, per quanto autorevole battuta. Con tutto la stima – e scusandomi per l’ irrispettoso paragone, di ottimismo facile ne abbiamo avuto anche troppo in questi anni, dispensato da un ometto ex-calvo sempre molto sorridente. Sergio Pistoi
Dalla ricerca alla cura delle malattie genetiche
In edicola nel numero di Maggio de “Le Scienze” un articolo scritto a 6 mani dal sottoscritto insieme a Lucia Monaco e Francesca Pasinelli di Telethon. L’articolo racconta in modo semplice e -speriamo- chiaro lo stato dell’arte della ricerca sulle malattie genetiche e il ruolo di una charity, come Telethon, appunto, nel sostenere e dirigere ricerca di qualità in Italia.
Sorvolo con nonchalance sul mio doppio conflitto di interessi (pubblicizzo un mio articolo e in più, come sanno i pochi che hanno avuto il tempo di scovare e leggere il mio CV, sono consulente alla direzione scientifica della nota non-profit). Se ve lo segnalo è soprattutto per avere la vostra opionione e sapere che cosa ne pensate.
Gli altri autori dell’ articolo ed il sottoscritto hanno coordinato l’elaborazione di un piano strategico che guiderà l’attività scientifica di Telethon nei prossimi cinque anni, messo a punto da un comitato di indirizzo scientifico di cui fanno parte scienziati di fama internazionale. Questo lavoro di analisi e pianificazione è partito da alcune domande fondamentali: quali sono le prospettive della ricerca nella lotta alle malattie genetiche? Con quali strategie una fondazione come Telethon, nata “dal basso” e con potere di investimento piccolo rispetto allo Stato e all’industria, può contribuire ad accelerare la cura di queste malattie? Speriamo di avere risposto a queste domande. Attendo/attendiamo come al solito il vostro feedback.
Il “caso Telethon”: dalla ricerca alla cura delle malattie genetiche, Le Scienze, Maggio 2006 Sergio Pistoi, Lucia Monaco e Francesca Pasinelli
Scienza e fede: dialogo impossibile
Dialogo possibile fra scienza e fede? La domanda da un ziollione di dollari circola con rinnovata enfasi dopo la pubblicazione del dialogo fra Ignazio Marino e il cardinal Martini su l’Espresso.
La mia opinione, se vi interessa è: no, non c’è dialogo. Almeno se per dialogo intendiamo lo "scambio di pensieri, idee, opinioni e sim., spec. allo scopo di trovare un’intesa, un accordo" (dizionario De Mauro).
Già, il dizionario. Non ci crederete ma quando mi trovo davanti a cose tanto più grandi di me (cioè spesso) ho scoperto quando incredibilmente utile può essere un dizionario.
Definizione di fede(sempre De Mauro): il credere in determinati concetti o assunti basandosi sull’autorità altrui o su una convinzione personale più che su prove obiettive.
Definizione di Scienza: insieme di conoscenze rigorosamente controllate e sistematicamente ordinate che consente di giungere a verità obiettive intorno a un determinato ordine di fenomeni o di concetti.
D’accordo, nè la fede nè la scienza sono proprio come il dizionario le dipinge, e poi sono in piena fase post-prandiale perciò non fatemi lanciare su considerazioni filosofiche sull’esistenza o meno di "verità obbiettive" della scienza.
Facciamo un esempio, che è meglio: il tifo (quello sportivo, non la malattia) è una forma di fede. Avete mai provato a convincere un interista che sarebbe più opportuno tifare per il Milan, in base a seri e fondati dati statistici sul numero di vittorie, sul budget della squadra etc, ..? Eppure, se ragionassimo puramente in termini scientifici, bisognerebbe guardare tutti questi dati prima di scegliere una squadra. C’è dialogo fra un tifoso del Toro e chi prova a convincerlo sulla base di dati oggettivi che la Juve è meglio? No, il tifo e tifo, cioè fede e quello è anche il bello della vita. Perfetto. Il fedele è per definizione un tifoso, lo scienziato no.
C’è dialogo fra si basa sulla fede e sull’autorità altrui (Dio, il Papa, Budda, Visnou, il Grande Cocomero) e chi invece pensa che qualunque idea si possa- si deva- mettere in discussione quando i dati non permettono di validarla? Non credo.
Il dialogo Marino-Martini non fa eccezione. Un bravo e stimato scienziato-chirurgo , Marino (tra parentesi, uno di quelli tornati in Italia e poi costretti a girare i tacchi, oggi lavora negli USA) dialoga con un emerito rappresentante della Chiesa cattolica, Martini, portandolo sommessamente a rispondere su temi che partono da evidenze piuttosto lampanti: gli embrioni congelati sono destinati prima o poi ad affogare nell’azoto liquido mentre potrebbero forse, dico forse servire ad alleviare le sofferenze di alcuni. Secondo lei cosa dovremmo fare, eminenza? E così via.
Martini risponde da prete, o se preferite, come il testimone di Geova che suona il sabato mattina solo per appiopparti la Torre di Guardia e invece si trova a discutere di cellule staminali con un biologo appena tirato giù dal letto. "Uhmm, si dottore quanto lei dice è molto interessante, ma il Vangelo dice così e cosà".
E così, chiamato a rispondere da Marino sull’eutanasia, il cardinale tira fuori i testi sacri e l’immortalità. E cos’altro doveva fare? E’ un prete o no? " Le ragioni di fondo dei cristiani – risponde comprensibilmente il nostro porporato- stanno nelle parole di Gesù, il quale affermava che ‘la vita vale più del cibo e il corpo più del vestito’ (cfr Matteo 6,25), ma esortava a non avere paura ‘di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima’ (cfr Mt 10,28). La vita fisica va dunque rispettata e difesa, ma non è il valore supremo e assoluto. Nel vangelo secondo Giovanni Gesù proclama: ‘Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà’ (Gv 6,25). E san Paolo aggiunge: ‘Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi’ (Rom 8, 18). V’è dunque una dignità dell’esistenza che non si lim ita alla sola vita fisica, ma guarda alla vita eterna. Parole da tifoso di Dio (nella migliore delle accezioni, non in senso dispregiativo o polemico). Il Vangelo per lui è verità. La scienza, boh, dipende. Fra i dati oggettivi della scienza e la Bibbia, tiferà sempre per la Bibbia.
Che dire sulle supposte "aperture" ostentate da Martini su fecondazione eterologa e preservativi, ormai riportate ormai urbi e orbi come grande rivoluzione in seno alla Chiesa? Martini ammette che su certi temi esistono delle" zone grigie". Che il preservativo può essere il male minore (meglio infilarsi un pezzo di lattice o morire di AIDS?) La scoperta episcopale dell’acqua calda.
E nonostante ciò, le parole del porporato circolano in tutto il mondo, e giù scosse telluriche che scuotono il Vaticano, come se Martini avesse detto che l’uomo discende da una massa di paraschioppi sinciziali arrivati da Betelgeuse e non dalle scimmie (perfino delle scimmie può parlare da poco, dato che Darwin è stato -parzialmente- riabilitato da Woitila nel 1996, wow!). L’apertura della chiesa nei confronti della scienza si misura a colpi di evangeliche crune di ago, come sempre. E noi stiamo ancora lì ad ascoltare? Sergio Pistoi
Staminali embrionali: chi può e chi non può
Sono soltanto otto nel mondo i paesi che ad oggi proibiscono l’uso di cellule staminali embrionali umane: oltre all’Italia, Austria, Cipro, Costa Rica, Irlanda, Lituania, Norvegia e Polonia. E’ il risultato di un rapporto dell” International Stem Cell Forum Ethics Working Party, un gruppo composto da esperti di 17 nazioni.
La maggior parte degli altri stati permette la ricerca in vitro sugli embrioni, anche se veri paesi hanno introdotto restrizioni nel loro uso. Sette paesi permettono infine esplicitamente la creazione di embrioni umani a fini di ricerca, ma i ricercatori devono dimostrare che o la stessa ricerca non può essere fatta con cellule staminali adulte o da embrioni sovrannumerari (Belgium, Japan, Singapore, South Korea, Sweden, United Kingdom, and several U.S. states (MA, CA, and NJ).
Tutte le 50 nazioni esaminate proibiscono o scoraggiano fortemente la clonazione umana a fini riproduttivi attraverso leggi o linee-guida.
Per chi è interessato all’argomento staminali consiglio anche l’ottimo Notiziario Cellule Staminali della ADUC
Fonte: Science e International Stem Cell Forum
Da Harvard grants per ricercatori e dottorandi italiani
Anche quest’anno la Fondazione Armenise-Harvard offre due tipologie di grants a ricercatori e giovani dottorandi italiani nel campo della ricerca biomedica. Ecco i dettagli (in inglese):
The Armenise-Harvard Career Development Award provides from three to five years of support for newly independent scientists, currently living abroad, who wish to return to Italy to an agreed host institute. The funding includes salaries for the grant recipient and other research staff associated with the designated program. While an annual equipment/infrastructure allowance is also included, the host institute must provide the facilities and equipment necessary to carry out the proposed research. Further details can be found at http://www.hms.harvard.edu/armenise/grants/grants_career.html
The Armenise-Harvard PhD Grant is available to young Italian graduate scientists who have been accepted to Harvard University’s Division of Medical Sciences (DMS) to undertake a Ph.D. The Foundation will provide support for the first two years of funding, after which time the candidate will be funded through the host department at HMS. The Armenise-Harvard Foundation will also provide one year of postdoctoral support upon the candidate’s return to Italy. Further details can be found at http://www.hms.harvard.edu/armenise/grants/phd/index.html
Deadlines for grant applications are:
·Armenise-Harvard Career Development Award, directly to the Armenise-Harvard Foundation by 15 July 2006. Please note that short-listed candidates will be required to attend an interview in Rome in November 2006.
·Armenise-Harvard PhD Program, application for admission to the Harvard University Division of Medical Science(DMS) PhD program mid-December 2006 (exact date to be announced).
Per maggiori informazioni: www.hms.harvard.edu/armenise oppure contattare:
Alexa M Mason
Director of Italian Affairs
Armenise-Harvard Foundation
Villa I Tatti, Via di Vincigliata 26, 50135 Florence, Italy
T: +39 055 603 251, F: +39 055 603 383, amason@harvard.edu
Vicino l’accordo sul programma quadro europeo, secondo la Presidenza
Secondo Elisabeth Gehrer, ministro austriaco dell’Istruzione, la scienza e la cultura e attuale Presidente del Consiglio Competitività (UE) un accordo sulla ripartizione del bilancio di 54 miliardi di euro per il Settimo programma quadro (7PQ) "è vicino".
Il ministro Gehrer è intervenuto nel corso di una conferenza stampa seguita a una riunione informale del Consiglio Competitività a Graz. "In seguito alla riunione di oggi, sono molto fiduciosa sul fatto che gli Stati membri possano conseguire un accordo in giugno" ha dichiarato.
In base alla proposta della Commissione, alla sezione del programma dedicata alla "Cooperazione", destinata a finanziare i progetti di ricerca transnazionali, saranno destinati 32 miliardi di euro; secondo il ministro Gehrer si tratta di una "buona base". Per il programma "Idee", che copre il Consiglio europeo della ricerca appena costituito, sono stati proposti 7,5 miliardi di euro e per il programma "Persone", concernente la formazione e la mobilità dei ricercatori, è stato proposto un importo pari a cinque miliardi di euro. Infine, secondo la proposta della Commissione, al programma "capacità", volto a sostenere le piccole e medie imprese (PMI) e le infrastrutture di ricerca, saranno destinati 4,2 miliardi di euro.
Fonte: Cordis
Wikipedia e i ricercatori: che ne pensate?
Franco Miglietta, ricercatore del CNR e lettore recidivo di sciencebackstage, lancia domande/proposte molto interessanti riguardo a Wikipedia nel suo commento al mio post.
Scrive Miglietta:
"Noi ricercatori dovremo essere più attivi su Wikipedia. Se quello è il futuro dell’informazione (ed io non stento a crederlo) dovremmo già ora essere più presenti distribuendo le informazioni "nuove" di cui siamo in possesso.
C’è qualcuno in Italia che sta già contribuendo ?
Possiamo trovare una strada per creare collaborazioni fra ricercatori che favoriscano la nostra presenza ?"
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Sono domande molto interessanti che secondo me meritano una discussione. Mi piacerebbe che diceste la vostra. Inviatemi se volete mail o commenti e li ripublicherò.Sergio Pistoi
I numeri della ricerca 1: la frusta e l’1 per cento.
Uno per cento del PIL. Sciack!! Meno dell’uno per cento del PIL.Sciack! Sciack!!
Il numero l’abbiamo sentito declinare in tutte le salse, lo ripetiamo a mo’ di litania mentre ci auto-fustighiamo la schiena come sciiti libanesi: “Investiamo solo l’uno per cento del PIL in ricerca! Sciack! Ahhh! Investiamo meno dell’uno per centro del PIL in ricerca! Sciack! Ahhh!”.
Uno per cento del prodotto interno lordo. Sciack! Per dire che investiamo poco, rispetto al totale della ricchezza prodotta dal Paese, rispetto alle altre economie del mondo. E’ vero. Ma serve continuare martoriarsi la schiena con il gatto a nove code? Ci fa sentire meglio ma rischia di spostare l’attenzione sui nostri veri peccati. Investiamo poco rispetto al PIL, d’accordo. Dobbiamo investire di più. D’accordo. Ma come investiamo? Male.
Intanto, come diceva il buon Einstein, tutto è relativo.Dato che il PIL (prodotto interno lordo) dell’Italia, salvo notizie dell’ultima ora, risulta fra gli otto più consistenti del mondo, il nostro relativamente misero uno per cento, in termini assoluti, è molto più di quanto investono molti altri paesi in ricerca e sviluppo. Nel 2001 (dati OECD ) pubblico e privato italiani hanno speso in ricerca e sviluppo all’incirca 13,5 miliardi di Euro , cifra che fa dell’Italia la sesta potenza mondiale in termini di investimenti alla ricerca ( almeno così era nel 2001, quando ancora non si contavano i paesi emergenti come Cina e Corea). Comunque è sempre tanto. E allora se siamo messi così male forse investiamo male, oltre che relativamente poco. Ad esempio, cosa succederebbe se armati di bacchetta magica riuscissimo in un colpo a raddoppiare, triplicare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Andrebbe meglio, certo. ma cambierebbe così tanto il sistema ricerca italiano? I giovani riuscirebbero a superare il muro di gerontocrazia che li separa da una degna carriera? Personalmente, non credo.
E poi cosa si intende per ricerca e sviluppo? Cosa c’è in quel fatidico uno per cento (Sciack!)? Chi finanzia la ricerca? Cosa abbiamo di diverso rispetto agli altri paesi? Nel corso di vari posts proveremo a vederli insieme. Restate con noi. Sciack!