Bella, zio (partigiano).
Eccoli lì puntuali, come ogni 25 aprile. Lo so già come funziona: quei due mi si piazzano alle costole per tutto il giorno e non mi mollano, peggio di due venditori ambulanti di fazzolettini. Vogliono sapere cosa è successo, come va, che si dice, come stanno tutti. Cose così, fra parenti.
Quello più scapestrato, con il ricciolo ribelle, l’aria di uno che se l’è trombate tutte, è zio Spartaco. L’altro più serio è zio Giovanni: posato, la riga dei capelli perfetta, maestro di scuola. In quanto zii-fantasmi, morti da settant’anni sanno bene che non posso ignorarli. Hai voglia a scappare, infilarti di corsa sull’Intercity. Hai voglia a sistemarti nello scompartimento con le cuffiette a palla come faccio ora. Quei due ti si materializzano davanti come gli agenti di Matrix.
Ad attaccare bottone è sempre zio Giovanni. Nelle foto in bianco e nero che maneggiavo da piccolo, tutte piene di crepe, ha l’aria del vero maestrino, un adulto fatto e finito, anche se alla fine era solo un ragazzo di 24 anni. L’ altro vantaggio di essere un fantasma: non si invecchia mai, come le stelle del rock. Ma zio Giovanni se l’è vista brutta, peggio di quei rapper che finiscono ammazzati. Dentro la caserma Musso di Saluzzo c’è ancora un muro di mattoni, e davanti a quel muro lui, che aveva appena l’età per essere un disoccupato del 2013, si è beccato una fila di pallottole naziste.
Giovanni era un partigiano, brigata Garibaldi, quelli col fazzoletto rosso. Un giorno l’hanno preso e torturato. E lui, che pure era un maestrino, all’interrogazione stile Guantanamo ha fatto scena muta. Risposte valide: zero. Voto: un bel quattro, e di corsa davanti al plotone di esecuzione. Data sul registro: 22 dicembre 1944. Tipico di quella gente lì, fucilare qualcuno tre giorni prima di Natale.
Raccontano che il nonno non resse al dolore, e morì poco dopo. La zia Vilma, che se l’è vista brutta anche lei ma l’ha scampata, ogni volta che vedeva la caserma faceva il giro largo pensando al fratello. Questo lo so perché l’ho conosciuta bene, e quando da piccolo mi portava in giro, mi scocciava fare il giro lungo. Zio Giovanni fece in tempo a scrivere una bella lettera, che ancora sta nei libri della Resistenza. Al tempo i diplomi da maestro mica li regalavano.
“Oi, nipote, tutto bene?”. Mi fa Giovanni.
Ciao, zio. Insomma. Così e così, qua è tutto un casino.
“Si, me l’hanno detto. Ma dovevi vedere ai tempi nostri, era ancora peggio”.
Già, io mi lamento. Ma l’otto settembre, non sapere chi sta da una parte e chi dall’altra, gli spari, chissà che casino, anche per loro. Almeno però il nemico lo vedevate, zio.
“Siete proprio una banda di rincoglioniti! Ma cosa aspettate a prendere il fucile e sparargli nel culo a ‘sti bastardi parassiti?” E’ lo zio Spartaco che interviene. Immagino si riferisca a certi politici di oggi.
Spartaco, che nelle foto sgualcite è appena un ragazzino. Un pischello con l’occhio spavaldo e il fucile a tracolla. Anche lui garibaldino, Morto ammazzato prima di Giovanni, ma almeno le pallottole lui se l’è beccate in combattimento, risparmiandosi l’interrogatorio alla Guantanamo e tutto il resto. Niente lettere per lui, non ha avuto il tempo.
Ciao, zio Spartaco. Eh, che ci vuoi fare.
“Buono fratello, non mettergli in testa strane idee al ragazzo”, fa Giovanni il maestrino “La guerra è brutta, mi dice. Certo l’Italia di oggi fa cagare, ma sempre meglio dei manifesti della razza, meglio la democrazia farlocca della dittatura, meglio il pericolo invisibile dello spread piuttosto del fascista che lo vedi, sì, ma magari ti spara e ti fa secco. Non si scappa.”
Non è la prima volta che finiamo a fare questi discorsi. Ci penso su per un po’. Tanto i fantasmi non hanno fretta, aspettano e intanto fanno le loro cose.
Hai ragione zio. Stiamo meglio. Alla tua età avevo studiato, viaggiato e mi sono divertito, altro che crepare sforacchiato dai tedeschi. Forse anche grazie a voi, stiamo meglio. Eppure, boh. Come abbiamo fatto a rovinare tutto? Rimango a guardare il finestrino cercando le parole per raccontare quello che non va.
Lo zio maestrino mi mette una mano sul braccio. Lo guardo ed è diventato un vecchio, un partigiano di novantatré anni.
“Bravi nipoti, vi ricordate ancora di noi, grazie. Ma ora basta con la storia della nostra liberazione. E’ ora di pensare alla vostra. Inventatevi qualcosa di nuovo” . Non mi ha mai parlato così. Poi arriva Spartaco che mi dà una pacca sulla spalla, forte, da filibustiere.
“Oh, ma è vero che l’altro giorno c’era la folla incazzata davanti al parlamento e sono tornati tutti a casa per paura di farsi la bua?”
Sì, pare di sì, zio Spartaco. Io però non c’ero, stavo a casa a lavorare.
“Ah, Ah, Ah! Che coglioni rammolliti!”.
Anche il maestrino sorride.
25 Aprile 2013