Addio a Folkman, celebrità silenziosa
E’ morto lunedì scorso, ma si è saputo dai media solo oggi, Judah Folkman, pioniere della ricerca sull’ angiogenesi (da cui deriva una strategia che combatte i tumori “affamandoli”, togliendo cioè loro la capacità di ricevere nuovi vasi sanguigni). Il suo lavoro divenne celebre nel 1998 grazie ad un articolo di Gina Kolata sul New York Times. Ne venne fuori un media frenzy che fece di Folkman una specie di divo ma, in prospettiva, non rese giustizia al valore scientifico di questa nuova disciplina.
Ho un bel ricordo di Folkman. Lo Intervistai nel 2002, nel suo laboratorio a Boston, insieme alla mia collega Chiara Palmerini. Vista la fama, e la nostra tenera età, ci aspettavamo un incontro difficile, frettoloso.
Al contrario, l’intervista superò le nostre migliori aspettative. Scoprimmo che Folkman era un personaggio schivo, quasi timido, l’ultima persona che ti aspetteresti di vedere sotto i riflettori. Di lui mi colpì la grande pacatezza, la calma quasi ipnotica con cui rispondeva a tutte le nostre domande, anche quelle più impertinenti e, a volte, stupide. Raccontò con franchezza della sua inaspettata fama. Non che gli dispiacesse, ma ci sembrò sincero quando disse che non l’aveva cercata. Ci venne in mente un titolo che lo descriveva bene:”Quiet Celebrity“, un celebrità silenziosa. Divenne il titolo di un nostro pezzo.
Alla fine parlammo per quasi due ore, e fu buffo (e un punto di onore per Folkman) che proprio noi, i piccoli giornalisti davanti al grande scienziato, dovemmo a malincuore congedarci per non arrivare tardi ad un’altra intervista.
Da quel colloquio vennero fuori due articoli, scritti a quattro mani con Chiara, su Panorama e su Scientific American. Ve li ripropongo, sperando vi interessino.