Cartoline da un’isola felice
La notizia è apparsa solo in qualche trafiletto, e questo è normale. Le storie di ordinaria efficienza non fanno notizia come quelle, allarmanti sugli scandali o sullo stato deprecabile della ricerca. Come ogni anno, la Fondazione Telethon ha riunito la sua Commissione Medico Scientifica internazionale per decidere sull’assegnazione dei grants.
Come ogni anno, c’ero anch’io. Non a sedere fra i luminari della scienza, ovviamente, ma come membro dell’ufficio scientifico di Telethon. Passare tre giorni rinchiusi dentro ad uno stanzone in quel di Verona insieme a colleghi e scienziati, ritemprandosi con qualche breve coffee break non è una passeggiata, ma per quei tre giorni è difficile non sentirsi in un isola felice. Almeno per chi conosce le inefficienze e nepotismi che regnano in gran parte delle ricerca italiana. Nell’isola felice i progetti vengono valutati con un processo di peer review da referees esterni internazionali e poi, nei tre giorni di tour de force, discussi e votati da un panel di scienziati di primo piano. Nell’isola felice non arrivano raccomandazioni e non ci sono figli, nipoti e soliti noti: contano solo il curriculum dei candidati e il valore dei loro progetti.
Si vedono scienziati dal curriculum stellare che, accettano, praticamente gratis, di prendere un aereo dall’altra parte del mondo e chiudersi in una stanza con noi, invece di partecipare a eventi ben più remunerativi. Scienziati che discutono, in modo pacato e trasparente ma rigoroso, dei dettagli di ogni progetto. L’avete capito: nell’isola felice succede quello che è la norma in altre realtà del mondo, quello per un miliardo di ragioni, non succede quasi mai nel nostro paese. Più tardi Paul Robbins, chairman della commissione e scienziato di punta a Pittsburg, ci ha fatto il complimento più bello: "Lavorare con voi è come lavorare con l’NIH". Vuol dire che anche in Italia si può. Pistuà.