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Parità di genere tra relatori: il mio DECALOGO

Come organizzare un evento gender-balanced? La mini-guida del comunicatore.

Gender balance photo

 

Negli ultimi anni ho avuto il piacere di coinvolgere e ospitare oltre 200 relatori dal mondo della ricerca negli incontri con le scuole (spesso insieme al collega Andrea Vico e il nostro progetto Geni a Bordo). Ben più della metà sono donne, da noi scelte e invitate perché erano le persone più adatte a parlare in quel contesto, per la loro esperienza e capacità e sicuramente non in base ai loro cromosomi. Alcune di loro leggeranno questo post e le ringrazio ancora per tutto quello che hanno portato e trasmesso agli studenti.

Le domande dei ragazzi e delle ragazze sono ovviamente sempre l’ingrediente più saliente di questi incontri. In un’occasione, ad esempio, una studentessa chiese alla relatrice (impegnata nella ricerca farmaceutica) come gestisse con il suo capo il fatto di essere donna.
“Sono io il capo,” rispose lei sorridendo e demolendo in un secondo secoli di pregiudizi che albergano purtroppo anche nella testa delle ragazze.

Ho fatto questo esempio per mostrare la potenza del role-model, quando parte da una testimonianza vera e diretta, e per introdurre senza retorica e moralismi perché in ogni evento pubblico sia utile avere panel il più possibile gender-balanced. 
La mia personale opinione, affinata in 25 anni di esperienza, è che:

a) un evento divulgativo o culturale ben fatto abbia anzitutto l’obiettivo di presentare la realtà in modo accurato;
b) l’adeguatezza degli speaker (competenza e capacità di coinvolgere) sia il criterio fondamentale da seguire nella scelta.

Di seguito qualche suggerimento su cosa fare ed evitare quando si è invitati a parlare o si organizza un evento.

1) Un panel di soli uomini è da evitare anzitutto perché proietta quasi sempre un’immagine distorta della realtà. ll messaggio implicito per chi guarda è che non hai trovato (o non ci sono) donne adeguate a trattare pubblicamente il tuo tema. Nella mia esperienza, è molto raro che questa carenza di talenti femminili si verifichi nella realtà.

2) Se siete invitate/i ad un evento (o ne organizzate uno) con un chiaro eccesso di uomini, prima di dare l’OK è importante chiedersi se tale composizione offre un’immagine realistica dell’ eccellenza in quel campo. Davvero non ci sono donne adatte a parlare in quel panel? E’ raro che la risposta sia negativa- e in caso contrario quel settore ha forse un problema di fondo che magari vale la pena discutere. Molto spesso invece si tratta di pregiudizio sessista che viene messo impudentemente in piazza creando una potenziale minaccia per l’immagine di chi lo organizza. Oltre naturalmente al mancato guadagno causato dalla rinuncia alle competenze di una persona che magari avrebbe arricchito la discussione.

3) Mai sottovalutare la potenza del role-model, specialmente in un contesto divulgativo e specialmente con i più giovani. Se ti vengono proposti modelli sempre lontani da quello che sei, ti convinci che quel mondo non ti appartiene. Anche per questo la diversità dei relatori è strategicamente utile a raggiungere lo scopo, oltre che una corretta rappresentazione della realtà.

 

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4) Un buon  approccio per un panel ben riuscito è pensare sempre e comunque alla persona migliore che possa parlare in una determinata occasione e non concedere eccessivo spazio agli equilibri istituzionali. Di solito ci si ritrova automaticamente con un panel sufficientemente variegato senza farsi troppe paranoie. Almeno, questo è il mio approccio e finora ha funzionato.

5) Mai invitare una persona non adeguata solo per riempire una quota: è un errore, e se la persona non è adatta non farà che rinforzare stereotipi negativi. Purtroppo lo vedo fare spesso.

6) Cosa fare se sono disponibili sono uomini o solo donne? Non è mai bello da vedere un panel mono-genere (trovo che neanche i panel di sole donne siano motivo di vanto) ma non è sempre un dramma se la tua storia e reputazione giocano a favore .Gli eventi sono soggetti a limitazioni logistiche e può succedere anche agli organizzatori più attenti di riuscire a coinvolgere solo uomini o donne. Ricordo  almeno un’occasione in cui ho invitato tre relatrici che erano però impegnate e mi sono ritrovato con un panel molto sbilanciato al maschile. In questi casi sono i precedenti e la reputazione a fare la differenza: se è facile  verificare che organizzi gli eventi al meglio, e senza guardare il genere, una deviazione statistica viene interpretata per quello che è. Ecco perché è importante, specialmente per un’istituzione, stabilire un rapporto di fiducia con il pubblico che sia basato su elementi reali e nel tempo, e magari rivolgersi per l’organizzazione a gente capace e di esperienza. E ovviamente preparare tutto in anticipo in modo da avere più tempo per coinvolgere gli ospiti giusti. Non è facile farlo capire a chi di dovere.

7) Se proprio vi ritrovate con un panel mono-genere cercate almeno di affrontare l’elefante nella stanza e chiarire subito, col pubblico, che è stato un caso e non un’abitudine, mostrando così di esservi posti il problema.

8) Una  diversity artificiale e geneticamente modificata – quegli eventi dove si invita la gente in base a tutto tranne che alla competenza- rischia di essere ancora peggio di una non-diversity fatta in buona fede, magari per ragioni puramente logistiche.  Questa è la  mia personale opinione, che magari non piacerà a tutti.

9) Se invito una donna a moderare un panel di soli uomini rimedio al problema? E’ una situazione che si vede spesso. Decisione comprensibile, ma la situazione “donna chiede-uomo risponde” non fa che aggravare gli stereotipi di genere. Inoltre si capisce benissimo che e’ un modo per rattoppare la situazione. Meglio fare un bel panel equilibrato e poi farlo moderare da chi volete.

10) Evitate i luoghi comuni motivazionali tipo “Le donne hanno una marcia in più”. Molte donne hanno sicuramente una marcia in più rispetto a molti uomini, ma il fondamento della non discriminazione è che le differenze individuali contano enormemente più di quelle di genere o gruppo, quindi tenderei a lasciare perdere affermazioni sul valore che mettono un intero genere nello stesso calderone, anche perché sono difficilmente sostenibili da una parte come dall’altra. Una battuta può strappare un applauso ma a mio avviso rischia a sua volta di cadere nello stereotipo. Volevo chiudere con qualche consiglio comunicativo per le relatrici invitate a parlare del loro lavoro basandomi su quello  ho visto negli anni. Ma eviterò ogni rischio di mainsplaining e mi limiterò  a questo suggerimento sintetico che vale per tutti.

Per qualunque approfondimento o necessità comunicativa, maschile, femminile o non binaria, non esitate a contattarmi.

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