Gira su Facebook un meme secondo cui tutto il finanziamento alla ricerca italiana nel 2015 varrebbe quanto il costo di acquisto di Higuain da parte della Juve: meno di 95 milioni di euro.
L’affermazione che il meme contiene è ridicola per chiunque abbia una remota familiarità con le politiche della ricerca, e direi anche con l’aritmetica.
Basta guardare le cifre OECD sul finanziamento pubblico alla ricerca per vedere che nel 2014 il governo italiano ha stanziato 8.450,4 milioni alla ricerca. Poco meno di otto miliardi e mezzo, dunque. Lo conosciuto autore del nostro meme, insomma, ha sbagliato quasi di un fattore cento. Non male.
Perché mi riferisco al 2014 e non al 2015, come recita il meme? E’ semplice: perché per il 2015 le cifre ancora non sono disponibili. E’ infatti molto difficile che questo tipo di dati sia disponibile a otto mesi dalla chiusura dell’anno.
La cifra OECD include anche una parte dei fondi generali di funzionamento delle università, ma esclude ad esempio il contributo italiano ai fondi europei del programma Horizon 2020, complessivamente (per tutta la UE) 67 miliardi di euro in sette anni.
Con un po’ di memoria e con i conti della serva ci arriva anche senza l’ OECD a capire che quei numeri sono una cavolata. Non sentiamo ripetere da anni che il finanziamento alla ricerca italiana è meno dell’1% del PIL? Dato che il PIL italiano è sui 1.400 miliardi, l’uno per cento è 14 miliardi. Ci ripetono anche (ed è abbastanza vero) che oltre la metà di questo 1% arriva dal settore pubblico. Fanno sette-otto miliardi, più o meno come sopra. Anche senza andare troppo a sfrucugliare nei numeri ufficiali, quindi, si capisce subito che siamo lontanissimi dal nostro Higuain.
Aggiunto il 29/07/2016 Come mi fa notare per email un lettore, che ringrazio, la cifra di 95 milioni allude molto probabilmente agli stanziamenti del PRIN, il principale programma di finanziamento ai progetti di ricerca di base (92 milioni per il 2015). Questa cifra non va evidentemente confusa con gli stanziamenti complessivi in ricerca e il post resta una bufala pericolosa che confonde le idee alla gente.
Se proprio volete saperlo, anche se l’autore avesse specificato di alludere ai PRIN, il messaggio ” tutta la ricerca italiana vale quanto il cartellino di un centravanti” sarebbe stato pura retorica, buona forse per un talk show del pomeriggio ma non certo per una discussione seria. Sono d’accordo che i miseri 92 milioni del PRIN siano un campanello di allarme sui problemi della ricerca. Ma il PRIN rappresenta un millesimo della spesa pubblica in R&S. Dovremmo allora chiederci in primis dove finisce il 99 per cento dei soldi per la ricerca. In particolare, come mai ci sono così poche risorse da spendere in bandi e grant per spese correnti, come dovrebbero essere i PRIN? Il concetto ossessivamente ripetuto in questo blog, è che la ricerca italiana è una portaerei con l’equipaggio assunto a tempo indeterminato, ma con pochissimi soldi per il carburante e le munizioni. In altre parole, le spese strutturali e incomprimibili (stipendi e spese fisse, per capirsi) pesano così tanto sul bilancio totale che difficilmente avanzano risorse per altri investimenti. Fermarsi ai 92 milioni dei PRIN senza pensare a dove finisce il grosso dei soldi per la ricerca è quindi un esercizio ideologico povero in strategia, e non porta molto lontano. Auspicare maggiori finanziamenti che vengono poi destinati ad assumere organici e coprire le spese fisse, e non a creare grants, è folle. Il dibattito, semmai, dovrebbe riguardare la rigidità finanziaria del sistema ricerca. Prima di lamentarsi, bisogna chiedersi come liberare una quota di spesa fissa e aumentare quella di finanziamenti per le spese correnti. Tutto il contrario della retorica della stabilizzazione, che a quanto pare, va per la maggiore anche in campo politico. Anche perchè è quella più facile da raccontare, che porta più consenso e magari qualche voto.
Non è quindi vero, neanche lontanamente, che l’Italia spenda in ricerca meno di quanto costi un giocatore di calcio. Eppure queste bufale girano soprattutto fra i ricercatori.
Il meme di Higuain, ad esempio, compare in heavy rotation nelle bacheche di tanti scienziati che seguo e stimo. Qualcuno l’avrà già messa da parte per alla prossima, ennesima tavola rotonda sui guai della ricerca italiana.
Perchè proprio loro ci cascano?
Potrei dire, confortato da una certa esperienza, che molti ricercatori, anche bravissimi, sanno poco di politiche della ricerca e si limitano spesso a piangere per i pochi fondi che vedono arrivare. E questo è sicuramente un motivo che li spinge a condividere anche informazioni farlocche. Come tutti gli umani, anche gli scienziati cadono nella trappola tipica delle bufale: se una notizia conferma un bias o un luogo comune che abbiamo in testa, si diffonde velocemente, anche se è falsa.
Le bufale si muovono spinte dal motore dell’ideologia, e nel dibattito sui finanziamenti alla ricerca, l’ideologia e i bias vanno a manetta.
E’ forse per questo che nel mondo del debunking scientifico le bufale sui finanziamenti alla ricerca godono di una specie di immunità. Mentre c’è una comunità molto attiva nel disinnescare –giustamente-le notizie farlocche sui vaccini, gli OGM o le scie chimiche, le bufale come quella di Higuain viaggiano indisturbate senza che nessuno le contesti. Anzi spesso vengono diffuse, come in questo caso, dagli stessi scienziati.
A questo punto penserai: “Ma insomma, anche investire cento, mille Higuain in ricerca è troppo poco!”. Entrare nel merito non è lo scopo di questo post ma se volete l’ho fatto altrove nel mio blog. Diciamo che il tema dei finanziamenti è una piaga aperta del sistema di ricerca italiano, ma non l’unica e non certo la peggiore. Serve a poco infatti chiedersi quanto si spende se non ci si domanda anche come, dove e con quale strategia, e questo è un punto dolente nel dibattito.
Comunque la si veda, non si fa un favore alla scienza facendo girare sui social le figurine di Higuain corredate da numeri farlocchi.
Chi ha a cuore la ricerca dovrebbe cercare di spogliarsi dalla retorica e dal conflitto di interessi e ragionare razionalmente, da scienziato, sulla bontà dei numeri. E magari sostituire al solito piagnisteo qualche idea sulle strategie e sull’efficacia organizzativa, un fattore che oggi nell’università italiana non è da record.
PS: Applicando le metriche del calciomercato ai dati OCSE (divertitevi se volete sul file, ma non credeteci troppo) si scopre che il governo investe in ricerca nel campo della difesa poco meno di 70 milioni, questa volta, sì, meno del cartellino del fuoriclasse argentino.
Ma volete mettere un meme che dice “l’Italia spende in ricerca sugli armamenti meno del cartellini di un giocatore?”. Suona male, e magari l’autore del deme è anche giustamente, pacifista.