Galeotta fu la Radio
Da un paio di giorni circola una mail/iniziativa nata da Giovanni Romeo, genetista dell’Università di Bologna, e da altri due ricercatori, che pubblico qui.
La storia all’origine della mail è interessante.
Il professore bolognese è stato infatti protagonista, suo malgrado di un piccolo, quanto istruttivo “incidente” mediatico.
Mercoledì scorso (10 ottobre) Romeo telefona in diretta a Prima Pagina (Radio 3), programma condotto dal navigatissimo giornalista Marcello Sorgi ponendo la questione dei tagli alla ricerca e di come la stampa italiana tratta il problema (qui trovate l’audio della puntata 10 ottobre, la parte che ci interessa è verso la fine) .
“Lei cosa ne pensa, Dr. Sorgi?“, chiede Romeo.
Per tutta risposta, il giornalista si lancia in un lungo monologo sulla ricerca italiana, ammettendo di non conoscere cifre e dettagli ma sentenziando: ” Ci sono troppi ricercatori in Italia“. Poi apre una metafora dolciaria piuttosto confusa su torte da spartire, evidentemente un tentativo maldestro di criticare (giustamente) i finanziamenti a pioggia.
Una persona meglio informata avrebbe lasciato perdere l’ esubero di ricercatori, visto che statisticamente ne abbiamo meno in proporzione della media europea. Semmai avrebbe risposto ( in metà del tempo) che il problema non è tanto quello della carenza di finanziamenti ma il fatto che non esista nel nostro Paese un sistema in grado di distribuire i finanziamenti in base al merito, tagliando i tanti rami secchi. Sistema che, nonostante le buone parole, neanche Mussi ha avuto finora la volontà e la forza di imporre.
Ma chissà, forse era lì che Sorgi voleva arrivare con la sua metafora pasticciera (e piuttosto pasticciata).
Meno male che il tema della telefonata era proprio la (in)competenza dei giornalisti nel trattare i temi della ricerca.
Non sono famoso quanto Sorgi ma, se mi permettete l’ardire, posso provare a dare qualche risposta alla domanda legittima del prof. Romeo (e non solo): perchè la stampa italiana non capisce mai nulla di ricerca?
La ragione più lampante è: nelle redazioni di quotidiani e TG, dove si fa l’informazione che “pesa”, non ci sono giornalisti scientifici. Parlo sul serio. A memoria, ce ne saranno un paio in tutto.
I giornalisti scientifici (sì, esistono anche da noi) fanno i freelance o sono relegati agli spazi fissi di settimanali e mensili (togliamo dal computo il TG Leonardo, che ormai dura poco più di uno spot). Romeo lo sa, perchè un bravo giornalista scientifico ce l’ha in famiglia.
Un’altra ragione è più sconsolante: il livello medio dell’informazione italiana fa pena. Ci lamentiamo delle notizie scientifiche, ma la qualità di quelle politiche, economiche o di cronaca è migliore? Il mio consiglio di giornalista è: smettetela di leggere i quotidiani e di ascoltare i TG. Semmai, leggete i blog – qui devo dichiarare un piccolo conflitto di interessi.
E questo ci porta all’ultima considerazione: i ricercatori ci cascano sempre. Non conoscono il mondo dei media (non è il loro lavoro) eppure cercano (comprensibilmente) di ritagliarsi spazi nei media italiani come se avessero a che fare con Nature. La comunicazione pubblica efficace è un processo strategico, a cui si lavora con la programmazione, il lobbying mediatico, i messaggi efficaci, magari elaborati con l’aiuto di esperti.
Ad esempio, Romeo doveva sapere che la sua domanda avrebbe generato un monologo senza contraddittorio del giornalista. Questa è la formula della trasmissione, e non un trattamento di sfavore riservato a lui, come sembra lamentare nella mail. E poi qual’era il messaggio che voleva far passare? Prima ha piagnucolato sulla scarsità dei finanziamenti ( e basta! …avranno pensato Sorgi e qualche spettatore) poi sulla stampa…insomma, dove voleva arrivare?
Avrebbe dovuto elaborare un messaggio efficace e lanciarlo, non offrire la “schiacciata” al conduttore. Un politico non l’avrebbe mai fatto.
Il professor Romeo ha tutta la mia solidarietà, e l’incidente ha avuto il pregio di farci riflettere. Ma non credo che chiamare in diretta Marcello Sorgi, piagnucolando per la carenza di fondi, sia il modo migliore per perorare la causa della ricerca in Italia.
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