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Atto di forza. FDA e 23andMe alla resa dei conti.

Alla fine i federali si sono arrabbiati. La compagnia di genomica 23andme ha ricevuto ieri una warning letter dalla Food and Drug Administration (FDA). Ma le cose non sono così semplici.

DNA supermarket

“Altrimenti ci arrabbiamo”. Il messaggio alla Bud Spencer era già nell’aria da un pò. E alla fine i federali si sono arrabbiati sul serio. La compagnia di genomica  23andme ha ricevuto ieri una warning letter dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente federale statunitense che vigila su farmaci e diagnostica. E’ un’intimazione a interrompere immediatamente la vendita  delle batterie di test genomici che 23andme propone su internet per predire il rischio di numerose malattie.  Secondo la FDA questi test rientrano nella definizione di medical devices , e come tali richiedono di essere autorizzati dall’ente. Non solo: l’agenzia federale considera  molti di essi ad alto rischio per i consumatori (la classe III a cui si riferisce la lettera), e ha già espresso ripetutamente la volontà di vederci chiaro.

Quando la FDA considera “rischiosi” i test di 23andme si riferisce (in breve) alla possibilità che gli utenti potrebbero essere indotti a prendere decisioni mediche  errate o affrettate in base ad essi. La richiesta di stop da parte dell’agenzia, che  è una cosa seria,  mette benzina sul fuoco riguardo alla questione dei rischi/benefici della genomica di massa. Faccenda che seguo da vicino da quando ho fatto analizzare il mio DNA proprio da 23andme, raccontando la mia esperienza in un libro e  in uno spettacolo. Ecco allora qualche considerazione personale:

– Ad  essere nel mirino della FDA non è tanto la qualità tecnica dei test, ma piuttosto l’interpretazione del dato grezzo che emerge dal nostro DNA. Ogni esame medico ha un margine di errore tecnico, l’importante è che sia accettabile.  E anche se la diagnostica genetica è un’area un po’ grigia, i laboratori di 23andme hanno la certificazione federale CLIA richiesta per effettuare analisi, e  la tecnologia che usano per analizzare il DNA è la stessa che si usa nei migliori laboratori. Il grosso problema è a valle: le stime di rischio genetico – anche quando si basano su dati seri e attendibili – sono probabilistiche e dipendono dal modo in cui sono calcolate. Si tratta di stime non validate clinicamente. E non è quasi mai sensato prendere decisioni mediche basandosi unicamente su queste probabilità. Questo la FDA lo sa bene, e anche 23andme, che infatti nei suoi disclaimer avverte i propri clienti al riguardo.

–  Il fatto è che pur conoscendo i limiti, 23andme enfatizza in modo esagerato l’utilità medica dei suoi test, e utilizza in modo ambiguo la leva del marketing. Se vediamo gli slogan e i case histories  presentati nel sito è facile pensare che nonostante i disclaimer gli utenti potrebbero essere indotti ad un uso errato delle informazioni.  E questo non va bene.

–  Supponiamo che il marketing di 23andme sia ambiguo e ingannevole (secondo me lo è). La FDA ha l’autorità per intervenire? Secondo 23andme, no. L’azienda sostiene infatti di vendere  non uno strumento diagnostico (medical device) su cui la FDA avrebbe giurisdizione, bensì un servizio di lettura personalizzata del DNA che non necessita di alcuna autorizzazione. Ovviamente la FDA la pensa diversamente. Al di là dei paraventi legali, la questione resta. E non è banale: se io voglio usare un sito di genomica solo per curiosare nel mio DNA e incrociarlo con i dati disponibili (io l’ho fatto) è giusto che le autorità sanitarie mettano un veto, oppure mi costringano ad andare da un medico (che di solito, statistiche alla mano, non ne sa un granchè di genetica)? Il limite fra la tutela della salute pubblica e il paternalismo è evidentemente molto sottile. Ci torniamo fra poco.

– La lettera  della FDA non era affatto inaspettata. I rapporti fra genomica di massa e  autorità regolatorie sono sempre stati difficili e molti prevedevano un giro di vite nei confronti di questa tecnologia. Nonostante gli avvertimenti della FDA, l’atteggiamento di 23andMe è stato sprezzante: dopo 14 incontri, centinaia di email  e dozzine  di lettere ufficiali dal 2008 ad oggi l’azienda non ha  aderito  alle richieste delle autorità, ha  ampliato la propria offerta ai consumatori, e addirittura intrapreso massicce campagne pubblicitarie. Questo è un grave errore che ha fatto infuriare la FDA, costringendola a usare il pugno pesante. Nel momento in cui scrivo, il sito continua a vendere i suoi kit e il mio profilo genetico è sempre lì al suo posto. Il  comunicato stampa del sito è laconico. La compagnia della Silicon Valley (che ha Google fra gli investitori) ha deciso di giocare duro e continuare a non riconoscere l’autorità della FDA  sul loro prodotto? Anche se avesse ragione, il suo atteggiamento è molto rischioso.   Matthew Herper si chiede su Forbes se 23andme non si stia auto-distruggendo con questo comportamento. Probabilmente no, ma se mai fossero in ascolto,  consiglierei loro di assumere un buon esperto di regulatory affairs, oltre ai tanti avvocati che già avranno sul libro paga.

– Esiste davvero il rischio che la gente prenda decisioni mediche errate e si faccia del male basandosi sulle informazioni di 23andme o di altre compagnie? Se ci basiamo sull’evidenza la risposta è meno drammatica  di quanto paventato dalla FDA e altri.  Un recente studio dello Scripps Research Institute (l’unico finora pubblicato) ha seguito più di 2000 clienti di genomica individuale senza riscontrare conseguenze  rilevanti dal punto di vista medico o psicologico. Per quello che può servire, anche gli esempi che ho raccolto in giro da molti utilizzatori concordano con questa conclusione. In futuro, altri studi potranno dare risposte diverse. Ma il giudizio  sulla  genomica di massa non deve basarsi su preconcetti. E questo vale naturalmente anche per la FDA.

– Quanto peserà la decisione della FDA sul futuro della genomica di massa? Come ho già scritto, e come sostengono altri osservatori, vista in prospettiva la questione dei divieti è irrilevante. Anche se le pagelle di 23andme fossero bandite per legge, nessun paese democratico potrà impedirci di leggere semplicemente il nostro genoma. Già oggi posso usare i dati grezzi del mio DNA (un file che ho avuto da 23andme), caricarli su software come Promethease e interpretarli dal mio PC, senza passare dal sito. E fra pochi anni potremo leggere e confrontare in rete il nostro DNA grazie ad apparecchi low cost casalinghi, di cui oggi esistono vari prototipi. Più  le tecnologie genetiche si democratizzano e entrano nelle nostre case, meno potranno fare le autorità per intervenire a torto o a ragione, per bloccare il loro uso.

[update 26-11-2013] Senza contare che le applicazioni mediche rappresentano solo  un aspetto della genomica di consumo, peraltro  minoritario: oltre il 60% degli utenti  si indirizza infatti su servizi di genomica che riguardano la genealogia e il social networking genetico.

– E allora, che si fa? I rischi, ci sono, anche se meno drammatici di quanto appare. L’ intervento delle autorità può far sì che aziende come 23andMe si diano una regolata, anche se nel caso di pubblicità ingannevole forse la Federal Trade Commission sarebbe più titolata a intervenire rispetto alla FDA. Ma è evidente che la soluzione non sta nei veti sistematici. E neanche nell’atteggiamento paternalistico secondo cui dovremmo andare sempre dal medico per farci prescrivere un test del DNA (ignorando l’impreparazione di questi ultimi in tema di genetica, che approfondisco nel mio libro).

Dovremo invece imparare a usare questi nuovi strumenti in modo proficuo. Riconoscere che I nostri DNA diventano parte integrante delle scelte individuali e collettive. Capire che potremo farci le cose più utili e anche quelle più idiote, senza cedere alle isterie. In queste cose l’unico vero rischio è che il dibattito  si sclerotizzi fra “pro” e “contro” mentre il mondo va avanti per la sua strada.

Image © Ilaria Gradassi/Sergio Pistoi

PS:Wired  ha messo “in chiaro”  un articolo dove racconto la mia esperienza con 23andme, uscito nel numero di Novembre.

 

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