5 per mille alla ricerca: un altro papocchio italiano
La possibilità di destinare il cinque per mille alla ricerca (e non solo alla ricerca) è stata salutata come una novità importante per il nonprofit italiano, e ne ho più volte sostenuto l’utilità in questo blog.
Il 5 per mille rimane un’ottima idea.
Solo un’idea, appunto.
Perchè finora le associazioni destinatarie non ne hanno ancora visto un euro dei soldi destinati dai contribuenti nel 2006.
Oggi, a poca distanza dalle scadenze della dichiarazione dei redditi del 2007, il ministero delle finanze non ha ancora assegnato i fondi del 5 per mille dell’anno scorso.
Avete capito bene: il 5 per mille che l’anno scorso avete destinato all’ente di vostra scelta giacciono ancora nelle casse dello Stato e nessuno sa quale sia la loro ripartizione, né quando verranno assegnati.
Le associazioni non profit, non solo non hanno ancora visto un euro, ma sono costrette a pianificare le loro campagne di informazione sul 5 per mille di quest’anno senza neanche conoscere i dati sulla redemption dell’anno scorso.
Avete mai visto un’azienda che programma una nuova campagna pubblicitaria senza conoscere i dati di quelle precedenti? Al non profit italiano viene chiesto di fare ciò.
La finanziaria 2007 prevede inoltre un tetto di 250 milioni per il 5 per mille, che in pratica lo trasformerebbe in un 3 per mille o poco più.
“Lo stato umilia il non profit”, ha scritto Riccardo Bonacina su Vita a proposito del 5 per mille.
Purtroppo ha ragione. Senza contare il tradimento subito da 23 milioni di contribuenti, che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa del 5 per mille l’anno scorso, e che forse quest’anno decideranno di lasciare perdere.
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